News  ·  03 | 05 | 2024

Risorse umane: un tributo alla vita e alle opere di Laurent Cantet

©Courtesy of Arras Film Festival

Il cinema è un’invenzione del futuro: una frase che potrebbe riassumere la tensione positiva che da sempre ha mosso il cinema di Laurent Cantet, l’autore francese che più di tutti con i suoi film ha compiuto un percorso in una militanza politica e un tragitto esistenziale che di volta in volta hanno saputo incarnarsi in un nuovo modo di fare cinema. In trasformazione con il tempo che attraversavano, i suoi film erano sempre attenti a scardinare lo storytelling “vincente” mettendo la presa di coscienza dello spettatore al centro del suo pensare al cinema.

La Palma d’Oro è arrivata abbattendo i “muri” linguistici e sociali della scuola francese con Entre les murs (2008), ma il suo percorso era iniziato molto prima quando si segnalò con il suo secondo cortometraggio Jeux de plage (1995) a Locarno, nella sezione Pardi di domani, segnalandosi come il cantore del difficile tra padri e figli, l’incomunicabilità tra generazioni con esperienze sociali distanti – tema centrale in Risorse umane (1999), opera prima di raro vigore, che metteva in scena la separazione tra un padre operaio e un figlio diventato manager, connivente di un nuovo modo di concepire il lavoro e il tempo dell’uomo. E proprio l’intuizione di un tempo ormai segnato dal capitale, incapace di diventare spazio libero ma solo prigione, è alla base della sua rilettura del celebre caso di Jean-Claude Romand in A tempo pieno (2001): film che è un vero controcanto rispetto a L’avversario di Carrère. Da quel momento la sua carriera si dispiega in opere più liquide, in cui le prese di consapevolezza dei protagonisti appaiono come sognate o infrante, che siano le sulfuree protofemministe di Foxfire (2012) o gli stanchi rivoluzionari di Ritorno a L'Avana (2014).

Scomparso prematuramente a soli 63 anni, Cantet resterà nella storia del cinema grazie alla sua capacità di mettere in crisi un’idea di storytelling artefatto, come succede in uno dei suoi ultimi e bellissimi film L’atelier (2017), film testamento sul senso dell’impegno politico nell’arte in anni confusi come quelli che stiamo vivendo.

Daniela PersicoMembro del comitato di selezione del Locarno Film Festival

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Laurent Cantet ha dato vita a un cinema umanista e impegnato che ha saputo affermarsi in un momento storico in cui lo spettacolo voleva l’intrattenimento a tutti i costi. Cantet era generoso e sempre pronto a incoraggiare i giovani talenti. Sapeva ascoltare e pesava le parole. Se ne va troppo presto Laurent Cantet, ma ha fatto in tempo a lasciarci un’opera preziosa che saprà ispirare altri talenti a prendere in mano una macchina da presa e iniziare a filmare daccapo il mondo.