Il Locarno Film Festival, che nel suo DNA vanta la scoperta del nuovo, la modernità, la cinefilia e la libertà di sguardo, come testimonia la sua storia lunga ben 74 anni, è uno dei luoghi deputati per capire cosa accade al cinema, inteso come linguaggio che si rinnova instancabilmente in un rapporto fecondo con il pubblico, che intende portare anche a le vie del cinema.
A Milano gli spettatori possono così scoprire due volti opposti eppure complementari, della direzione che il nuovissimo cinema elvetico ha intrapreso: Lorenz Merz con il magnifico Soul of a Beast compone un bellissimo canto dell’innocenza e della ferocia, sullo sfondo di una Zurigo (irriconoscibile) sull’orlo del collasso; Cyril Schäublin con il corto Il faut fabriquer ses cadeaux (presentato nella nuova sezione Corti d’autore dei Pardi di domani), viviseziona con grande ironia le forme nelle quali si (de)compone il desiderio; Nora Longatti, invece, con Chute, firma una danza dei fantasmi sensuale e aliena.
Bonifacio Angius con I giganti conferma di essere una delle forze più imprendibili e sorprendenti del cinema italiano attuale. Sul versante francofono, Axelle Ropert con Petite Solange ed Émilie Aussel con L’été l’éternité, compongono due intensi ritratti di adolescenti alle prese con il mondo e le sue sfide. E Jade Springer e Agathe Talrich sono sin da ora due delle interpreti francesi maggiormente da tenere d’occhio dei prossimi anni. E per quanto riguarda il cinema di domani, Chiara Campara, proveniente dalla Locarno Filmakers Academy, offre uno scorcio sorprendente di futuro con Lessons of Love. Infine, Abel Ferrara. Premio per la migliore regia, con Zeros and Ones firma il suo film più potente e misterioso degli ultimi anni. Con la complicità dell’impeccabile direttore della fotografia Sean Price Williams, scolpisce il buio di una Roma assediata, dando vita a un incubo impressionista che evoca il ricordo sulfureo degli esordi newyorkesi del regista e la claustrofobia di "New Rose Hotel".