Premio Raimondo Rezzonico a Komplizen Film
Basta scorrere la lista dei film prodotti nel corso degli anni per comprendere come Komplizen Film sia in fondo più che una semplice «casa di produzione». Ovvio: il nome della compagnia – «complici» – evoca immediatamente una sensibilità noir, da cospiratori. Come un complotto di matrice rivettiana ordito da amanti del cinema che si federano intorno a progetti che il cinema tentano di pensarlo, riscriverlo e – soprattutto – rifarlo tra amici. Komplizen ha lavorato nell’ombra. Solo agli osservatori più attenti non sfuggiva che l’elemento che univa i lavori di registi diversissimi fra loro come Radu Jude, Sonja Heiss, Miguel Gomes, Maren Ade, Nadav Lapid, Valeska Grisebach e altri ancora era una compagnia fondata nel 1999 da Janine Jackowski e Maren Ade mentre frequentavano ancora la HFF di Monaco (dal 2010 si è unito a loro anche Jonas Dornbach). L’idea è semplice ma geniale: una vera intuizione politica, strategica e vincente commercialmente. Produrre del cinema «locale» audace per un pubblico «internazionale». Autrici e autori con una mano riconoscibile. Con i quali intrecciare un rapporto duraturo e proficuo tale da permettere loro la propria poetica in un ecosistema protettivo, complice. E investire su di loro. Basti pensare a un film come aKasha (2018) di Hajooj Kuka. A elencare i titoli prodotti da Komplizen, ci si rende conto che il cinema più importante dell’ultimo decennio è stato sostenuto da loro. Western (2017), Una donna fantastica (2017), Vi presento Toni Erdmann (2016), Le mille e una notte – Arabian Nights (2015), Inimi cicatrizate (Scarred Hearts, 2016) e via elencando. La sfida lanciata con Skylines (2019-), una serie Netflix, sembrerebbe essere il naturale approdo per una società che ha fatto del pensare contro gli schemi dominanti la propria ragione sociale e imprenditoriale.
Giona A. Nazzaro