Sguardi oltre il cinema

Critical essays on the Locarno Film Festival

Sguardi oltre il cinema è una raccolta di saggi critici di oltre 40 autrici e autori provenienti da ogni parte del mondo, chiamati a interrogarsi sul ruolo svolto dal Locarno Film Festival nelle sue 75 edizioni e sulla sua capacità
di accompagnare generazioni diverse, trasmettendosi come valore al di là delle incomprensioni del momento o dei confronti dialettici. Attraverso una narrazione in cui si intrecciano esperienze personali e analisi storiche, sociali e culturali (tutte pubblicate in lingua originale), si delinea così una grande storia collettiva fatta di ricerca e di scoperta, sempre nel segno della settima arte.

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Lo schermo di Piazza Grande è una gigantesca vela. Conduce il bastimento del fantastico e dell’immaginario attraverso i mari delle visioni. […] La Piazza Grande è sempre un enigma magistralmente risolto, come il destino dei marinai.

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Lo schermo di Piazza Grande è una gigantesca vela. Conduce il bastimento del fantastico e dell’immaginario attraverso i mari delle visioni. È un’immagine questa ispirata dal ricordo di Livio Vacchini, un caro amico, morto quindici anni fa. Dove vanno i marinai? Seguono la rotta indicata dal capitano? E il capitano cosa fa? Ordina di portare il carico agli indirizzi prescritti dagli armatori? O per sognare restano solo le canzoni. I testi delle due canzoni di Lucio Dalla (quella dei marinai e di Piazza Grande), si trovano sul Web, digitando il titolo del motivo. Livio mi raccontava dei locarnesi che avevano ospitato, oltre il filosofo Erich Fromm, anche Paul Klee. Mi diceva che il pittore veniva a piedi da Muralto alla farmacia, in Via Motta, con un quadretto sottobraccio per offrirlo, per pochi franchi, ai suoi benestanti genitori.
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Per dare libero spazio alla creatività e allo sviluppo della propria offerta, dei propri progetti e quindi del nostro territorio, l’imprenditore, della cultura o di qualsiasi altro settore, necessita di un bene al valore inestimabile: la libertà.

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I legami fra cultura ed economia sono molti, sebbene a volte sembri che i due mondi si guardino un po’ con diffidenza e l’unico punto di contatto sembra essere quello del mecenatismo e dello sponsoring. Visione certamente riduttiva e che genera a volte tensioni e contraddizioni. Quando invece i punti di contatto fra mondo aziendale e cultura sono molteplici. Avantutto perché le manifestazioni culturali in tutte le loro accezioni sono “anche” imprese che creano e danno lavoro, originano indotto sul territorio, svolgono un’importante funzione di promozione economica per la visibilità che danno al paese (il Ticino nello specifico), ecc..
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Basta aggirarsi con attenzione tra le cronologie per capire che il Festival del film nasce, attecchisce e si sviluppa su solide condizioni storiche e culturali. A Locarno, come scrisse Virgilio Gilardoni, storico, ricercatore, pubblicista ed autore di sceneggiature per film “il cinema non lo si guardava solo nelle tre sale dei Cinema riuniti e in quella dell’Oratorio, ma lo si faceva”.

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Basta aggirarsi con attenzione tra le cronologie per capire che il Festival del film nasce, attecchisce e si sviluppa su solide condizioni storiche e culturali. A Locarno, come scrisse Virgilio Gilardoni, storico, ricercatore, pubblicista ed autore di sceneggiature per film “il cinema non lo si guardava solo nelle tre sale dei Cinema riuniti e in quella dell’Oratorio, ma lo si faceva”. E non erano solo mandolini e boccalini come voleva far credere una certa propaganda d’oltralpe affezionata all’immagine del Ticino-Sonnenstube. La conferma viene dal fatto che negli anni ‘30 del Novecento erano sorte alcune piccole società di produzione, tra le quali la più propositiva s’è dimostrata la Locarno Films di quel singolare, avveniristico personaggio che è stato il locarnese Francis Borghi (1916-2005).
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Et tandis qu’un léopard envahit l’écran dans un ondoiement or et noir, je me cale comme tout le monde dans mon siège. Le film peut commencer […] Mais entre la magie de Locarno et celle de son cinéma, il m’est impossible de choisir.

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J’ai une confession à faire: je n’ai pas vu énormément de films à Locarno. Voici pour l’accroche. Et voilà pour l’intrigue: comment se sortir d’affaire, après un tel aveu liminaire, quand vous échoit l’honneur de participer au 75e anniversaire du plus vénérable des festivals de cinéma suisses par le biais d’un texte résumant votre relation à celui-ci? Depuis onze ans presque ininterrompus que je le couvre pour les quotidiens romands «24 heures» et «La Tribune de Genève», sa compétition m’a échappé dans les grandes lignes, son programme des découvertes m’a peu découvert sur ses sièges et j’ai passé autant de temps dans les venelles ombragées de la ville que dans ses salles obscures. Bigre. Ça sent le roussi.
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Non posso dimenticare i cinquantacinque anni di vita trascorsi da allora, segnati da numerosi e profondi cambiamenti. In questo contributo seguirò il concetto degli estremi che si toccano , della con- tinuità e della diversità tra la mia esperienza di direttore artistico negli anni Sessanta e l’attuale, diversissima realtà della manifestazione.

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Scrivere un paio di cartelle per i settantacinque anni del festival del film senza ripetere cose già dette e ridette è una scommessa rischiosa, anche perché non posso dimenticare i cinquantacinque anni di vita trascorsi da allora, segnati da numerosi e profondi cambiamenti. In questo contributo seguirò il concetto degli estremi che si toccano, della continuità e della diversità tra la mia esperienza di direttore artistico negli anni Sessanta e l’attuale, diversissima realtà della manifestazione. Per cominciare vorrei ricordare chi mi ha preceduto, Vinicio Beretta, con il quale ho lavorato e le cui scelte ho in parte condiviso.
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There’s something comforting about the traditions that had evolved over the years for the Piazza Grande screenings. [...] Although the international fes- tival landscape has become ever more crowded in recent years, Locarno continues to be the “must attend” event for me each August!

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It’s now been more than a quarter of a century since I have had fixed dates in my calendar each August to attend the festival in Locarno ever since the Swiss film critic Beat Glur first introduced me to Frédéric Maire who was responsible at the time for liaising with the international trade press. I had already heard from colleagues talk about the legendary Grand Hotel and its terrace where festival-goers would meet and discuss the films they had seen into the early hours; about the festival’s declared mission to discover new talent and give a voice to emerging filmmakers; and, of course, about Locarno’s USP, the nightly screenings on the town’s Piazza Grande with the world’s largest open-air cinema with seating for more than 8,000 spectators.
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Man liest sich in Locarno. Das betrifft nicht nur die Jour- nalisten, es betrifft das ganze Publikum. Geschult in der Kritik, ging es den Leiterinnen und Leitern in meinen Locarno-Jahren immer darum, das Kino zu lesen (und lesbar zu machen, sogar in seiner stursten Unlesbarkeit).

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Ich habe diesen «persönlichen kritischen Essay» zur 75. Ausgabe von Locarno lange vor mir hergeschoben. Wieso fallen mir, wenn es um das Festival geht, das mir am liebsten ist, so viele Dinge ein, die mit dem Festival gar nichts zu tun haben? Wenn ich an Locarno denke, denke ich nicht als Erstes an Hong Sangsoo, sondern an das Risotto in Ponte Brolla. Zufälligerweise schreibe ich diesen Text im Frühling im Caffè Locarno neben dem Bahnhof, es ist kalt und es zieht. Mir ist eingefallen, dass ich meinen ersten Artikel, der in einer Tageszeitung publiziert wurde, hier in Locarno geschrieben habe. Ich habe mir am nächsten Morgen am Kiosk eine Ausgabe gekauft und sie mit fiebrigen Fingern durchgeblättert. Halb bin ich davon ausgegangen, dass die Erde aus ihren Achsen springt, wenn meine Sätze erstmals gedruckt erscheinen. Passiert ist überhaupt nichts, und besonders gelungen war der Artikel auch nicht.
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“Tomorrow” is a vital concept when it comes to Locarno’s philosophy, and it doesn’t just concern the films: the Festival is keen on nurturing the analytical and professional minds of the future, be they journalists and filmmakers, young adults getting acquainted with the film event world or children who will one day become full-fledged cinephiles.

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The mission of the Locarno Film Festival is to shine a light on all forms of cinema, across time: the past is well represented by sections like the Retrospective or Histoire(s) du Cinéma; current trends are explored in the Concorso Cineasti del presente, devoted to first and second feature films; and emerging talents are the stars of Pardi di domani, the short film competition. The name translates as “Leopards of tomorrow”, a mission statement that has proven true on multiple occasions: filmmakers who first made a name for themselves in the short category have subsequently returned – and won prizes – with their feature-length works. Although sometimes the path is reversed.
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Mein Leben wäre nicht dasselbe ohne die 55 Festival-Editionen, die ich seit meiner Jugend in Locarno erleben durfte. Nicht Weihnachten war das Highlight meines Jahreskalenders, sondern die 12 Tage Locarno.

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Was habe ich dem Locarno Filmfestival nicht alles zu verdanken! Mein Leben wäre nicht dasselbe ohne die 55 Festival-Editionen, die ich seit meiner Jugend in Locarno erleben durfte. Nicht Weihnachten war das Highlight meines Jahreskalenders, sondern die 12 Tage Locarno. Es waren aber von Anfang an nicht nur die Filme, die meine Glückshormone in Wallungen brachten. Diesbezüglich sassen wir öfters auf dem Trockenen, was auch schon an den Festivals in Berlin, Cannes oder Venedig passieren konnte. Umso mehr gab es dann Grund zum Feiern, wenn endlich wirklich Magisches auf der Piazza zu sehen war. Sei es «La notte di San Lorenzo» der Tavianis, «Poison» von Todd Haynes, «Senso» von Visconti, «The Comfort Of Strangers» von Paul Schrader, Filme von Marguerite Duras, Eric Rohmer, Jacques Rivette, Claire Denis, Fredi M.Murers «Höhenfeuer» oder Yves Yersins «Les petites fugues». Alles unvergessliche Erlebnisse.
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Già il Locarno Film Festival non è un vaso di coccio fra vasi di ferro, è un grande Festival che ha altre storie da raccontare, ed è più libero di Cannes. […] il Festival di Locarno non ha mai avuto bisogno di tappeti rossi per celebrare la vanità del cinema, ma, sempre, ha preferito stare dalla parte del film, e soprattutto stare dalla parte di un pubblico che scopre il cinema.

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Una frase mi ha colpito su una mail che mi hanno inviato per scrivere 5000 battute sul Festival di Locarno, ed è “storica 75esima edizione”, Luigi XIV di Borbone, detto il Re Sole o Luigi il Grande, regnò per soli 72 anni e 110 giorni, per cui questa edizione del Festival è sicuramente storica, anche Cannes ha fatto 75 quest’anno, Berlino è un po' più indietro solo 72 edizioni, la Mostra di Venezia ne ha di più, arriva a 78, ma è l’unica di queste manifestazioni a essere stata battezzata dal fascismo, le altre portano il volo di una grande resistenza. Questa origine pesa anche sull’idea di film, che ognuno di questi festival ancora oggi porta avanti, basti pensare a Cannes che chiude alle produzioni di Netflix, perché nascono per non andare in sala ma per viaggiare su una piattaforma.
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Wenn wir jeweils in Locarno ankamen, betraten wir eine andere Welt. Eine, in der man mit etwas in Berührung kommt, das es sonst in der Deutschschweiz kaum gibt: Filmkultur. Dass man sich mit Fremden ins Kino setzt und mit diesen nachher über das Gesehene diskutiert? Das geschieht selten im Alltag.

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Von Denise Bucher (Redaktorin Kultur bei der «NZZ am Sonntag», Präsidentin des Schweizerischen Verbands der FilmkritikerInnen). Wenn wir jeweils in Locarno ankamen, betraten wir eine andere Welt. Eine, in der man mit etwas in Berührung kommt, das es sonst in der Deutschschweiz kaum gibt: Filmkultur. Dass man sich mit Fremden ins Kino setzt und mit diesen nachher über das Gesehene diskutiert? Das geschieht selten im Alltag. Wir, das sind eine besonders gute Freundin, die mich überhaupt erst auf den Geschmack von Filmfestivals brachte. Und Locarno war dasjenige der Ära Olivier Père am Übergang zu derjenigen von Carlo Chatrian, als ich es richtig kennenlernte. Als Filmliebhaberin. Journalistin wurde ich erst etwas später.
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Das Wesen trägt das Vergehen in sich, schon sprachgeschichtlich: Abgeleitet von einem mittelhochdeutschen Verb, taucht es heute noch in in der Form „gewesen“ auf und klingt in „verwesen“nach. Wenn es hier also um das Wesen dieses Festivals geht, schwingt die Vergänglichkeit allen Seins, auch wenn wir hoffnungsfroh in die Zukunft blicken.

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Das Wesen trägt das Vergehen in sich, schon sprachgeschichtlich: Abgeleitet von einem mittelhochdeutschen Verb, taucht es heute noch in in der Form „gewesen“ auf und klingt in „verwesen“nach. Wenn es hier also um das Wesen dieses Festivals geht, schwingt die Vergänglichkeit allen Seins, auch wenn wir hoffnungsfroh in die Zukunft blicken. Ein Filmfest ist, wie berühmt es auch sein mag, ein fragiles Konstrukt. Wir erinnern uns an Locarno 2020, als der bittersüsse Hauch der Melancholie über die leere Piazza Grande wehte: Das Herzstück fiel aus, und ausgerechnet diese Ausgabe trug den Namen «For the Future of Films», während die als Partnerin auftretende Telekommunikationsfirma für ihren Streamingdienst warb mit dem Slogan: «Ready for the feeling of Piazza Grande at home?».
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Alla mia conoscenza in materia, molto devo proprio al Festival di Locarno. Sempre all’ombra di papà, un po’ da portaborse. Lo vidi nascere in tempi lontanissimi, quando le proiezioni avvenivano del parco del Grand Hotel, seduta su panchine durissime e umide, sotto la minaccia di temporali.

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Questo titolo è un plagio, consapevole e giustificato. Riprende, evidentemente al maschile, quello del libro, pubblicato da mio padre nel 1965: ”Lo spettatore anziano”, edizioni del Cantonetto. Devo, infatti, a lui la passione per il cinema. Luigi Caglio, classe 1899, la coltivò da precursore, incuriosito per una forma di spettacolo ancora marginale, al di fuori dai canoni vigenti. Le proiezioni, avvenivano sotto tendoni da circo, poi in sale di teatri, dove all’ingresso un imbonitore invitava il pubblico a cimentarsi in un’esperienza, considerata più tecnica che artistica. Dopo le magistrali e una specializzazione in pedagogia, sceglie il giornalismo, cronista per il quotidiano milanese “La sera”, poi soppresso con l’avvento del fascismo. Mio padre perse il posto.
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Su quelle sedie, scomode, capaci di lasciare segni indelebili su di noi […], abbiamo conosciuto il fascino del cinema, abbiamo vissuto emozioni forti, prepotenti, fantastiche, certo, anche qualche delusione, ma questo fa parte del gioco della scoperta, nessuno sa con certezza dove sia la pepita d’oro, e a Locarno c’è sempre qualcosa da scoprire […].

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Era il 2 giugno 1946. Quel giorno due referendum hanno cambiato la nostra storia. L’Italia devastata dalla guerra ha scelto di diventare Repubblica. Più in piccolo gli abitanti di Lugano hanno bocciato l’ipotesi di un festival internazionale non volendo costruire una struttura al parco Ciani, dopo che per un paio d’anni si era svolta in città una manifestazione cinematografica. Buon per Locarno dove, saputo l’esito della votazione, nel giro di poco più di un paio di mesi, i fondatori Beretta, Mondini e il sindaco Rusca, in presenza anche di Raimondo Rezzonico e delle sue irrequiete sopracciglia, si sono inventati il loro Festival Internazionale del Cinema, all’epoca nel parco del Grand Hotel.
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It is a summer film festival in the fierce sunlight but in alternation with sudden storms. [...] Locarno Film Festival has a soul of its own but welcomes all kinds of cinematic souls that dedicate to stylistic experimentation or take a bold perspective.

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Locarno is a unique existence in the map of film festivals around the world. It is an old establishment founded in 1946 as a response to prevalent fascism in Venice in the 1930s but remains dynamic and relevant to our contemporary world until now. It has been graced with international stars including Juliette Binoche, Laetitia Casta, Hilary Swank, Adrian Brody, and Ethan Hawke but does not indulge in the pursuit of glamour. It showcases a manageable number of 200 films at present, which is around half of a Berlinale edition and more than twice of official selections at Cannes and Venice. It is an inland film festival, but close to water. It is a summer film festival in the fierce sunlight but in alternation with sudden storms.
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Arrivava il Festival! Con il suo corollario di gente nuova, un po’ strana, tutta presa dai “baccanali di celluloide”, che molti indigeni non capivano e guardavano con malcelato sospetto. […] Mi ha aiutato a capire, a confrontarmi, a scegliere, tra qualche infatuazione intellettuale (poi fortunatamente superata) e molte scoperte. Mi ha aiutato a crescere, insomma.

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Il mio rapporto con il Festival è fatto di ricordi e di gratitudine. Perché il Festival mi ha accompagnato e stimolato in quella fase cruciale della vita che è il passaggio dall’adolescenza all’età adulta. Nato e cresciuto in una Locarno molto ripiegata sulle sue litigiose faccenduole domestiche, una volta all’anno ero testimone di uno sconvolgimento: arrivava il Festival! Con il suo corollario di gente nuova, un po’ strana, tutta presa dai «baccanali di celluloide», che molti indigeni non capivano e guardavano con malcelato sospetto. Era come se una finestra si fosse spalancata d’improvviso, portando in Piazza Grande e dintorni il vento del mondo. Ma anche permettendo al nostro sguardo di posarsi su cose che altrimenti sarebbero rimaste sconosciute.
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Au cœur de Locarno, au cœur de la cinéphilie mondiale, la Piazza Grande a gardé la forme de l’eau originelle. Elle n’est pas rectiligne, elle sinue comme une couleuvre, comme une ondine entre les maisons aux couleurs de gelateria.

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Bien sûr, Cannes a sa Croisette et Venise son Lido. Des trois grands festivals nés dans l’immédiate après-guerre, celui de Locarno est le seul qui n’ait pas accès à la mer. Cette ville balnéaire nichée au creux des Alpes a toutefois son lungolago et possède des charmes uniques au monde. Célébrant les noces de la dolce vita italienne et du propre en ordre helvétique, elle s’inscrit à la tangente de la Côte d’Azur et de la Forêt-Noire, au croisement du vertical et de l’horizontal, des tricounis du randonneur et des palmes du baigneur.
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Il cinema è la forma di narrazione più popolare, figlio della letteratura e interprete della modernità delle arti, dal teatro alla musica e a quelle figurative che popolano la sua storia nei frammenti di pellicole e nelle scenografie.

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Il cinema è la forma di narrazione più popolare, figlio della letteratura e interprete della modernità delle arti, dal teatro alla musica e a quelle figurative che popolano la sua storia nei frammenti di pellicole e nelle scenografie. Ho avuto il privilegio di conoscere dei registi e alcuni scrittori dalle cui opere sono stati tratti dei film. I loro interessi erano accomunati dalla letteratura e dall’arte. Locarno offre tante storie di paesaggio e di persone. Quando richiama per l’unico evento internazionale che offre il Ticino si schiudono ventagli di poesia del paesaggio e ricordi di figure che si sono mosse su queste rive.
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Nelle crisi che si susseguono il più piccolo dei grandi festival [...] possiede forse i mezzi per affinare le proprie armi, nei confronti dei pescecani di stazza maggiore che popolano il fin troppo esteso acquario dei festival.

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Nelle crisi che si susseguono il più piccolo dei grandi festival, secondo la mitica definizione coniata dallo storico presidente Raimondo Rezzonico, possiede forse i mezzi per affinare le proprie armi, nei confronti dei pescecani di stazza maggiore che popolano il fin troppo esteso acquario dei festival. Dalla sua nascita, il cinema è sempre stato uno degli specchi più fedeli e immediati della società che attraversava: quello attuale (che ormai andrebbe definito degli audiovisivi) non può quindi che riprodurne i disagi sempre più evidenti e forse drammatici. Allo stesso modo, gli eccessi di un'offerta smodata e ormai sfuggita di mano hanno finito per condurre ad una volgarizzazione, meglio, ad una progressiva diminuzione del desiderio da parte degli esausti, assediati consumatori.
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Insieme e in maniera complementare, sia il Festival che il LAC hanno la dimensione per promuovere la destinazione turistica del Ticino, sono integrati con il tessuto urbano cittadino e il territorio, e si impegnano a sviluppare una comunità permanente.

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La 75esima edizione del Locarno Film Festival è un anniversario che rappresenta un lungo percorso storico e artistico che non posso che guardare con rispetto e ammirazione, prendendolo da esempio e augurandomi le stesse sorti anche per il centro culturale LAC Lugano Arte e Cultura che dirigo dal 2014. In 75 anni di storia, il Locarno Film Festival si è consacrato come il riferimento nazionale per la cinematografia di questo Paese nonché uno dei festival cinematografici più importanti al mondo, trasformando la città che lo ospita per undici giorni nella capitale internazionale del cinema d’autore e portando sugli schermi gli sguardi più innovativi della settima arte.
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La première fois que je suis allé à Locarno, je n’imaginais pas que le festival était aussi grand. Non pas par la taille la commune doit à peine dépasser les 15’000 habitants en temps normal, mais par ce qu’il proposait, par ce qu’on pouvait y découvrir.

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La première fois que je suis allé à Locarno, je n’imaginais pas que le festival était aussi grand. Non pas par la taille – la commune doit à peine dépasser les 15'000 habitants en temps normal -, mais par ce qu’il proposait, par ce qu’on pouvait y découvrir. J’étais étudiant, n’avais pas besoin d’écrire des papiers quotidiens, de trouver des angles, de faire des interviews, et le monde du cinéma suisse m’était étranger. Mais l’offre me semblait irréelle. Pléthorique dans le bon sens du terme. Avec des sélections de nouveautés dont on ne savait rien, un panorama de ce qui se fait dans le pays, une Piazza Grande magique réunissant chaque soir des titres a priori plus porteurs, même si on se permettait d’y programmer Straub, Manoel De Oliveira ou Daniel Schmid, et une gigantesque rétrospective qui plongeait dans les territoires inconnus de filmographies oubliées.
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Filmfestivals sind vielerlei: Ort der Begegnung, Wettbewerb, Markt, medialer Event, aber nichts sind sie mehr als das eine: Spiegelungen ihrer Zeit. Wo sonst kommt innert kurzer Frist, im Lauf von vielleicht zehn Tagen, eine solcherart gefächerte Sicht auf die Welt zusammen […]?

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Einige Tage war es, als hätte ein bleierner Würgegriff sich des Festivals bemächtigt: In zwei, strikt nur akkreditierten Festivalgästen zugänglichen Vorstellungen wurde 1976, kein Jahr nach seiner Ermordung, Pier Paolo Pasolinis «Saló» gezeigt. Der Film erschütterte, mehrfach: In seiner bedingungslosen, gewollt alle Schmerzgrenzen ritzenden Radikalität; als traurig stimmender Abschied eines grossen Autors, dem man einen anderen letzten Film gewünscht hätte; und schliesslich, angesichts des Sensationseffekts, den damals jede von der Zensur zugelassene Vorführung begleitete, die Frage, der gerade die, die Filme machen und Filme zeigen, nicht ausweichen können: Wie weit dürfen Bilder gehen, wenn sie in der Gosse der Gefühle wühlen, wieviel Niederträchtigkeit ist zu verantworten?
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Pour certains, ce sera leur toute première projection sur la majestueuse Piazza Grande et son écran géant parmi les plus beaux au monde. D’autres évoqueront une soi- rée festive au Grand Hôtel ou un débat animé autour du financement du cinéma suisse. Ou encore la découverte d’une cinématographie éloignée.

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Pour certains, ce sera leur toute première projection sur la majestueuse Piazza Grande et son écran géant parmi les plus beaux au monde. D’autres évoqueront une soirée festive au Grand Hôtel ou un débat animé autour du financement du cinéma suisse. Ou encore la découverte d’une cinématographie éloignée. Chaque cinéphile, chaque festivalière et festivalier, chacun de ces «professionnels de la profession» chers à Jean-Luc Godard, aura son souvenir marquant du Locarno Festival, sa madeleine lui rappelant un moment heureux. Le mien a eu lieu en 2015, c’était un 10 août en début d’après-midi.
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Quante risate ho fatto a Locarno. Soprattutto lassù, al Monte Verità, dove le menzogne non esistono.

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Quante risate ho fatto a Locarno. Soprattutto lassù, al Monte Verità, dove le menzogne non esistono. Alain Berset che fa da cuoco? Perchè no, bella foto, dai! L‘appetito vien mangiando, si dice.
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Locarno has always been proud to be a festival of discoveries. What is often left unsaid, though, is that some discoveries are then forgotten straight away, and rightly so. Trust me, I know, because I was once one of them.

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Locarno has always been proud to be a festival of discoveries. What is often left unsaid, though, is that some discoveries are then forgotten straight away, and rightly so. Trust me, I know, because I was once one of them. Oh yes, we had our world premiere in Locarno. It wasn’t the Piazza Grande, but still: National Competition! That was just as well for us, and the screen at Teatro Kursaal was wide enough for our juvenile ambitions. For my acting talent, it was way too big, I’m afraid. But I’m getting ahead of myself.
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Das erste Mal war ich 1983 am Filmfestival in Locarno. Ich kam aus Zürich, die wilde Zeit von „Züri brännt“ lag erst kurz zurück und ich war einer, der sich mit den diffusen Inhalten der 1980er Revolte voll identifiziert hatte.

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Das erste Mal war ich 1983 am Filmfestival in Locarno. Ich kam aus Zürich, die wilde Zeit von „Züri brännt“ lag erst kurz zuück und ich war einer, der sich mit den diffusen Inhalten der 1980er Revolte voll identifiziert hatte. In meinem spätjugendlich revolutionären Überschwang war mein Verhältnis zu einem „kommerziellen“, kulturellen Grossanlass wie diesem allerdings ein eher zwiespältiges. Zwar war ich seit meiner Gymnasiastenzeit ein Fan dessen, was damals „Studiofilm“ hiess. Ich liebte die Werke cinematografischer „Monster“ wie Kubrick, Polanski, Bertolucci, Visconti, Bergmann oder Antonioni – und bei den Namen der beiden letzteren springe ich schon mal ein Vierteljahrhundert 'fast forward'.
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How will historians in 2097 remember our current edition, situated at a critical moment in which film festivals are assessing their prospects in a cultural environment that is increasingly digital and virtual?

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The arrival of the Locarno Film Festival’s 75th edition provokes speculation about what its next 75 years may bring. How will historians in 2097 remember our current edition, situated at a critical moment in which film festivals are assessing their prospects in a cultural environment that is increasingly digital and virtual? Switzerland has established itself as a global center for the blockchain economy, with Lugano especially bold in adopting cryptocurrency for local payments. How might such nearby investments in digital worldbuilding impact Switzerland’s most established film event? What would a film festival in the metaverse look like?
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I festival sono visti come lo spazio ideale per riunire la popolazione locale e internazionale in un momento di fratellanza. Il Locarno Film Festival offre quindi uno sguardo particolare sulla realtà locale ticinese sociale e culturale del dopo guerra.

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Ci si può interrogare sul perché sia utile e necessario prendere il Locarno Film Festival come oggetto di studio accademico. Da un punto di vista storico, le ragioni sono molte. Assieme alla Biennale di Venezia (1932) e il Festival di Cannes (1946), Locarno è uno dei primi film festival creati in Europa. Un festival internazionale del film offre molte piste d’analisi e può essere utilizzato per studiare diversi soggetti: la politica e la vita culturale di un paese, le relazioni internazionali e le dinamiche di avvenimenti storici come la Guerra fredda. Dopo la Seconda guerra mondiale, la volontà comune è quella di rinnovare la vita culturale europea, cercando di uscire, soprattutto mentalmente, dalla guerra.
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Locarno ist mein Lieblingsfestivals, seit immer, oder sagen wir seit 1979, als ich es das zweite Mal besuchte. Unvergesslich, wie ich damals auf der Piazza sass und den spätere Siegerfilm «Sürü» sah.

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Locarno ist mein Lieblingsfestivals, seit immer, oder sagen wir seit 1979, als ich es das zweite Mal besuchte. Unvergesslich, wie ich damals auf der Piazza sass und den spätere Siegerfilm «Sürü» sah. «Sürü» spielt unter Schafzüchtern in Anatolien, es ist heiss und staubig, einmal setzt ein Gewitter ein. Und genau in diesem Augenblick, ich schwöre es, begann es auch auf der Piazza zu nieseln. Aber alle, wirklich ausnahmslos alle blieben sitzen, gebannt vom Film, gebannt von der Stimmung, gebannt von der Magie der…
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Sarà pure “il più piccolo dei grandi festival” come qualcuno lo ha definito, ma può vantare la qualità unica di non essere mai diventato generalista; e, anzi, di aver mantenuto un saldo attaccamento all’ originaria identità di manifestazione tanto aperta al nuovo quanto impegnata nel culto del passato.

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Il 23 agosto 1946, mentre nel resto dell’Europa si contavano i danni della guerra, a Locarno – nella neutrale Svizzera - si inaugurava la prima edizione del festival di cui ora si celebrano i gloriosi 75 anni. E da subito la rassegna ticinese, nata su pronta iniziativa del dinamico imprenditore Raimondo Rezzonico che in seguito ne sarebbe stato a lungo presidente, si è imposta con una sua precisa personalità. Messo su nel giro di tre mesi e presentato nella verde cornice del parco del Grand Hotel - così come le prime edizioni della Mostra di Venezia si erano tenute sulla terrazza dell’ Hotel Excelsior – il programma all’insegna del cinema d’arte comprendeva una quindicina di titoli fra cui gli innovativi film italiani della svolta neorealista
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Fu amore a prima vista. Tanti anni fa. Meglio non specificare quanti, i festival del cinema dovrebbero reggere gli anni che passano meglio delle ragazze - poi non sempre succede, così vanno le faccende della vita.

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Fu amore a prima vista. Tanti anni fa. Meglio non specificare quanti, i festival del cinema dovrebbero reggere gli anni che passano meglio delle ragazze - poi non sempre succede, così vanno le faccende della vita. Siamo rimasti amici, il mondo va veloce e sarebbe sciocco sprecarlo per vivere di ricordi o di rancori. Da che facciamo questo mestiere (e il Film Festival Locarno lo frequentavamo già molto prima) abbiamo visto cambiare tante cose, nel cinema e fuori. L’accoppiata smartphone e streaming può bastare come esempio. Galeotta fu una tessera per studenti, proposta nelle aule del liceo a quei tempi percorse da brividi politici e rivoluzionari (con notevole ritardo rispetto a nazioni più barricadiere, ma uguale fanatismo: perfino i romanzi bisognava leggerli di nascosto, figuriamoci andare al cinema, tempo rubato alla liberazione degli oppressi).
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Chi ama il cinema e chi lo fa ha bisogno di sentirsi a casa in un luogo dove i film possano entrare nel cuore e aprire gli occhi sui tanti mondi che il cinema rivela e racconta. Il Festival di Locarno è questo tipo di casa dove convivono tanti inquilini provenienti da diverse parti del mondo.

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Chi ama il cinema e chi lo fa ha bisogno di sentirsi a casa in un luogo dove i film possano entrare nel cuore e aprire gli occhi sui tanti mondi che il cinema rivela e racconta. Il Festival di Locarno è questo tipo di casa dove convivono tanti inquilini provenienti da diverse parti del mondo, ognuno portando con sé le proprie narrazioni e i propri immaginari. È una casa che accoglie gli esploratori e i viaggiatori del cinema che fa sentire a proprio agio nelle sue belle sale di proiezione e nei suoi luoghi d’incontro. È una casa sempre pronta ad aprire i suoi spazi per una danza delle immagini e a lanciare una festa dove si conoscono nuovi amici e nascono amori duraturi.
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Cosa può spingere dunque il pubblico, in particolare quello più giovane, a frequentare un festival cinematografico che in questo non certo facile scorcio di XXI secolo compie 75 anni? Ci può aiutare a farlo un aggettivo utilizzato da Renato Berta per descrivere le sue sensazioni rispetto alle prime frequentazioni locarnesi: “concreto”.

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«Vicino a Bellinzona, c’era anche il Festival di Locarno che era stato fondato nel 1946 e presentava un numero incalcolabile di film. Da adolescente, all’inizio degli anni 60, ho iniziato a frequentarlo. (…) Registi, attori, tecnici, sceneggiatori, produttori… ogni anno dei professionisti venivano a Locarno per parlare di cinema. Avevo finalmente la possibilità di vedere delle persone che fabbricavano i film. Improvvisamente il mondo del cinema mi è sembrato più accessibile. Più concreto» . Così il grande direttore della fotografia Renato Berta ricorda i suoi primi passi dentro quel mondo ancora sconosciuto che diverrà la sua vita. All’inizio degli anni ’60 il cinema era il solo mezzo d’intrattenimento di massa accessibile a tutti.
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Vita, vitalità... colpiva quest’insistenza sulle energie che muovono istinti, sentimenti, azioni.[…] Solo più tardi compresi la “missione” di quel cineclub extralarge in riva al Verbano: quella di farsi interprete delle inquietudini del tempo attraverso la settima arte. Impresa non facile e non sempre apprezzata dalla critica o dal pubblico.

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Ricordo bene quella prima trasferta, nella prima metà degli anni Settanta. In alta Leventina si era tra il primo e il secondo taglio del fieno («radasì»). Sul far della sera la mandria ruminava beata nelle corti dei pascoli alti; nella stalla di fondovalle era rimasta solo la «vacca di casa» per le esigenze quotidiane. Momento propizio quindi per tirare il fiato, un attimo di tregua prima di riprendere i lavori agresti. Idea: perché non scendere a Locarno a vedere un film? Mio padre non c’era mai stato al festival e nemmeno io, imberbe liceale.
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The audiences are knowledgeable and eager to see rare films and experience classic films anew, in theaters as well as the spectacular setting of the outdoor square.[…] That is one of the key functions of a film festival, the creation of communities of cinephiles and cineastes who come together in the shared love of classic and contemporary films.

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My visits to the Locarno Film Festival have been highlights of my life as a film historian. I attended as curator of a complete retrospective tribute to Ernst Lubitsch in 2010 and before that as one of the film presenters at an Orson Welles retrospective and international scholarly conference in 2005. The lovely site of the festival in a Swiss town near Italy, with its elegant theaters and hotels and shops, is a relaxing milieu in which to share thoughts and experiences with fellow scholars, filmmakers, and journalists from around the world. The audiences are knowledgeable and eager to see rare films and experience classic films anew, in theaters as well as the spectacular setting of the outdoor square.
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Prima e meglio di altri festival, Locarno ha saputo cercare (e trovare) una strada che evitasse la contrapposizione tra cinema d’arte e cinema di spettacolo, come se l’uno non potesse dialogare con l’altro.

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Quando penso a Locarno, la prima cosa che mi torna in mente sono le tante retrospettive che mi ha regalato e che mi hanno accompagnato in tutti questi anni di militanza cinefila. Le prime le avevo solo lette, recuperando i cataloghi che avevo cercato con certosina pazienza – Ozu, Marcel L’Herbier, il cinema algerino, Powell & Pressburger (che scoperta per me!), Naruse (un altro incontro fulminante), Boris Barnet, Jacques Becker, l’italiana Lux – per scoprire poi sullo schermo del Kursaal i film mai visti o già visti (ma comunque sempre da rivedere) di Kiarostami, di Sacha Guitry, di Frank Tashlin fino alla retrospettiva Orson Welles (a cui fui anche invitato a collaborare con un saggio), a quella di Sam Peckinpah e a quella recentissima dedicata ad Alberto Lattuada.
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Ci sono stati anche momenti meno felici, alcuni film così brutti da farti dubitare dell’intelligenza dei selezionatori […], ma per fortuna le polemiche passano, i film brutti vengono dimenticati, e restano solo i ricordi più belli.

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Ho iniziato a seguire il festival di Locarno negli anni 60, quando ero studente al liceo, poi, dagli anni 70 come giovane e inesperto giornalista, dapprima per Libera Stampa, Azione e altre testate, e in seguito per quasi 30 anni come collaboratore della Radio della Svizzera Italiana. Poi c’è stata la parentesi come collaboratore interno, per due anni con David Streiff all’ufficio stampa (allora composto da due persone…) come responsabile della stampa ticinese e italiana, e in seguito, quando ho iniziato a lavorare a tempo pieno alla RSI, con diverse funzioni: consulente del presidente (anzi il “Presidentissimo” Raimondo Rezzonico), delegato generale della Settimana della Critica con Marco Müller, membro della commissione di selezione con Irene Bignardi, sempre continuando il mio lavoro alla RSI come responsabile della tematica cinema per le tre reti radiofoniche.
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Il dubbio sistematico – non il dubbio metodico, che è invece alla base di ogni approssimazione alla realtà – è strumento inadatto ad affrontare le questioni che interpellano l’etica nei più vari contesti, dagli affari all’ambiente, perché l’etica è pretesa di giustizia.

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Che malinconia! Locarno mi domanda di ricordare “Newsfront”, la rassegna che il Festival organizzò nel 2004 mostrando le pellicole più famose sulla storia del giornalismo e offrendo al pubblico un dibattito diretto da Carl Bernstein, il giornalista cui bastò un rotolo di celluloide per costringere alle dimissioni il Presidente Nixon (il “caso Watergate”). Si era nel 2004, ne erano perciò passati due soltanto dall’intervento americano in Iraq, costruito su una serie di falsi cui la grande stampa aveva dato mano per poi vergognarsene pubblicamente. Oggi, sul conflitto in Ucraina, siamo costretti a rinviare al futuro il chiarimento dei fatti d’arme conclamati e delle violazioni dei diritti dell’uomo denunciate, in quanto per ora la comunicazione è oscura
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I film sotto le stelle in una Piazza di 8000 spettatori; gli incontri ravvicinati con registi e attori internazionali, la presenza di un pubblico appassionato anziché dei soli addetti ai lavori. Sono sensazioni che il Festival ha offerto per decenni, senza mai tradire i suoi “fedeli”, che tornavano ogni volta fiduciosi di ritrovarle come le avevano lasciate.

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Sono almeno trent’anni che il Festival di Locarno rappresenta una parte importante della mia esperienza di critico cinematografico. Lo conoscevo già da prima, avendo partecipato da spettatore al suggestivo rito della visione in Piazza Grande; ma, dagli anni della direzione di Marco Muller in poi, l’ho seguìto come inviato del quotidiano “la Repubblica” (commentandolo anche, in tempi più recenti, per il settimanale locarnese “il Caffé”). Tanto da considerarmi, per l’antica consuetudine, un amico della manifestazione locarnese. Contemporaneamente partecipavo agli altri grandi Festival europei – Cannes, Venezia, Berlino – ricchi sì, mondani e circondati di eco mediatica;
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Cinema is a universal language, gives us new perspectives, enlightens and inspires us, makes us to better understand other people and other cultures. A film can take us to all kind of real and imaginative places, as well as to the past or to the future, it tells us stories and stimulates all our senses.

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Can it be said better? Cinema is a universal language, gives us new perspectives, enlightens and inspires us, makes us to better understand other people and other cultures. A film can take us to all kind of real and imaginative places, as well as to the past or to the future, it tells us stories and stimulates all our senses. Above all cinema is an art form superior to all the others. Not that it is better than any other, because we do need them all, but it combines all of them and uses them to enrich its own uniqueness, images in motion.
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Ma un festival, se mi posso permettere, non deve guardarsi indietro. E non lo farò nemmeno io. Bisogna conoscerla, la storia. Ed è fondamentale. Ma è fondamentale, soprattutto, non esserne nostalgici. Perché la nostalgia, lo sappiamo, è la principale patologia di questo poco immaginifico presente.

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Mi si chiama a celebrare il 75° anno del Locarno Film Festival. Ma un festival, se mi posso permettere, non deve guardarsi indietro. E non lo farò nemmeno io. Bisogna conoscerla, la storia. Ed è fondamentale. Ma è fondamentale, soprattutto, non esserne nostalgici. Perché la nostalgia, lo sappiamo, è la principale patologia di questo poco immaginifico presente. Una forma di accecamento, comoda comoda: un sentimento che non rispetta la realtà di quel che è stato, ma abbellisce l’ieri a consumo dell’oggi, semplifica il passato a un ideale astratto, da usare e gettare, contro il presente. È una fabbrica di miti del tempo che fu un poco patetica, la nostalgia. Una paralisi autoassolutoria. Un difetto dello sguardo. Una forma di miopia. Distoglie l’occhio dal qui e ora. Lamenta. Brontola. E instupidisce. Quindi per celebrare Locarno, bisogna parlare del presente, pensare al futuro.
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Locarno, d’abord, c’est un train. Celui qui longe le lac Lé- man, affronte les Alpes, puis ondule au milieu des vallées tessinoises. Six heures de trajet au bas mot, et on se dit: est-ce que ça vaut vraiment la peine?

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Locarno, d’abord, c’est un train. Celui qui longe le lac Léman, affronte les Alpes, puis ondule au milieu des vallées tessinoises. Six heures de trajet au bas mot, et on se dit: est-ce que ça vaut vraiment la peine? Tout ça pour rencontrer les mêmes personnes qu’à Berne et à Lausanne? Arrivée à la gare, la douceur des lieux nous entraîne vers les ruelles pleines de monde, vers les salles obscures et la Piazza Grande parée pour vivre ses plus beaux jours, et oui, on se dit que ça valait la peine de traverser toute la Suisse pour participer à ce grand rendez-vous du cinéma.
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Come sarà il Locarno Film Festival tra dieci o vent’anni? In realtà prima di “come sarà” bisognerebbe chiedersi “se ci sarà”, ma nonostante i grandi cambiamenti nel mondo artistico ed economico dell’audiovisivo credo che l’esistenza del Festival sia assicurata […].

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La tentazione, inutile nasconderlo, c’è: rispondere all’invito di scrivere un contributo per la settantacinquesima edizione del Locarno Film Festival sgranando, in una sorta di rosario da cinefilo, aneddoti ed avvenimenti della propria personale esperienza. Di storie da raccontare ce ne sarebbero, anche lontane dal festival come il professore che, una volta letto “Locarno” come luogo di nascita sul libretto universitario, invece di far domande su Karl Jaspers come da programma d’esame si era messo a discutere del festival (e ancora sospetto che il voto non eccelso a quell’esame fosse in parte dovuto al non aver saputo citare nessun film dell’anno precedente).
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While Locarno appreciates renowned artists, it is also eager to discover fresh, unobvious faces - a quest the Festival has turned into its trademark.

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It was a hot, sunny day, just like any other during the 2021 Locarno Film Festival. The 74th edition, organized in the midst of a pandemic, a first under the artistic direction of Giona A. Nazzaro. The energizing sunshine compensated for all the time spent tightly masked, even during 8000 seats open-air screenings in Piazza Grande, cut in half due to sanitary measures. The legendary square was where I met with Pawel Lozinski over an espresso, macchiato, to be exact, and spent an hour chatting about his “Balcony Movie”. An original doc, beautifully grasping the essence of the human condition, irrevocably transformed by the digitalization, evolving work-life balance, the pandemic. Later it got the Semaine de la critique Grand Prix, defeating six other contenders, two of which - “Bucolica” and “Walk with angels” - were also made in Poland.
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Of all the festivals I attend Locarno is the one where I most feel a sense of community. [...] So Locarno continues to be the best place I know to meet new people and discover new films and talents.

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One of my earliest memories of attending the Locarno Film Festival dates back to 1997 and has to do with Kathryn Bigelow. I had spent an earlier part of the summer in Umbria with the British writer Geoff Dyer who was a big fan of hers. Dyer asked me to deliver a letter to Bigelow, the content of which I still do not know. So I asked where she was staying and Nadia Dresti – who has always been my Locarno mentor, besides being a friend – sent me up on the cable car to the Hotel Villa Orselina where, after leaving the mysterious missive with the concierge, I took a look around and was stunned by the beauty of the vista on the Lago Maggiore and the Alps. The following year I stayed up there. But that’s another story.
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For me, one of those lessons [...]is that the hours spent at a film festival inside a cinema are of tangential importance to a festival’s true vocation. We go to see movies of course, but more than that, we go to experience them with others and share our feelings, whether that be about cinema or life in general.

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We’re meant to learn something from a global life-changing event like the COVID-19 pandemic, but of course we never really do. We may have that light-bulb moment in the middle but it tends to fizzle, and while the residue of trauma remains, lessons we promised ourselves to take from the experience tend to quickly fade once life eases. For me, one of those lessons – not earth shattering of course but important for those of us in the entertainment industry – is that the hours spent at a film festival inside a cinema are of tangential importance to a festival’s true vocation. We go to see movies of course, but more than that, we go to experience them with others and share our feelings, whether that be about cinema or life in general.
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Locarno ist der Ort, wo Entdeckungen gezeigt, gemacht und im besten Sinne gelebt werden. Es ist eine von alters her jugendliche Institution, könnte man sagen.

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Wann genau begann sie eigentlich, meine Liebe zu Locarno? Es muss Mitte der Neunzigerjahre gewesen sein, als ich eines Sommers in der Nähe der Militärkaserne von Losone unser Zelt aufstellte – und frühmorgens beim ersten Rekrutenschuss von drüben vor Schreck fast in die Maggia sprang. Der unfreiwillige Frühsport hatte dann aber sein Gutes: Obwohl es so nicht in der Ferienplanung vermerkt war, kam mir, der damals noch Germanistik studierte und als gelegentlicher Autor für die Uni-Zeitung „Zürcher Studentin“ schrieb, die Idee, dass ich mich ja wie ein „richtiger“ Journalist für das Filmfestival akkreditieren könnte.

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