News  ·  03 | 08 | 2018

Un Don Chisciotte a Milano

Dulcinea - Fuori concorso

In equilibrio tra rituali domestici akermaniani à la Jeanne Dielman e uno squisito erotismo di nobili ascendenze avanguardiste, da Un chien andalou a Man Ray, Luca Ferri si conferma con Dulcinea uno degli autori più eccentrici e sorprendenti del cinema italiano. Un appartamento milanese, in una Milano dalla cui skyline sono scomparsi gli scintillanti grattacieli simbolo di questo inizio terzo millennio (ma su cui svetta la austera novecentesca Torre Velasca), fa da sfondo a un rituale celibe e feticista tra una ninfetta dark e il suo cliente, un distinto signore la cui sommamente anonima fisionomia impiegatizia cela fantasie tanto inconfessabili quanto probabilmente innocue. Ferri e i suoi collaboratori hanno un’attenzione maniacale per i dettagli dell’appartamento italico-borghese (soprammobili, infissi, vetri, utensili…), che insieme a pettinature, abiti e arredi vagamente rétro creano l’effetto di una capsula temporale anni Novanta, rafforzato a un certo punto dalla lettura atonale di un frammento di deposizione giudiziaria (da una delle 'Radiofonie' del compositore Dario Agazzi) che sembra emergere dagli archivi di “Mani pulite”. Film psicanalitico e politico insieme, attraversato da un perverso sense of humor, Dulcinea aggira l’abusata definizione di surreale per proclamarsi fieramente e patologicamente surrealista.

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