News  ·  08 | 08 | 2018

"Non ho niente da nascondere"

Intervista a Narcissister, regista di "Narcissister Organ Player" - Fuori concorso

Oltre ad affrontare il trauma della perdita di sua madre, il suo film va a ritroso nell’albero genealogico per mostrare che ogni ramo è stato affetto da traumi legati all’identità – etnica, religiosa, sessuale – le cui ripercussioni si sono riversate nella sua arte. Se il trauma è stata una forza motrice del suo lavoro, esso ha per lei una dimensione terapeutica?

I traumi della mia famiglia sono parte di me e quindi li esprimo direttamente e indirettamente nella mia arte. Per fare il film ho dovuto scavare in me stessa, non solo per ricordare le storie che mi aveva raccontato mia madre, ma anche per capire come il mio rapporto con lei e la vicenda della mia famiglia abbiano formato me e il mio lavoro. D’altronde alcune delle registrazioni che si sentono nel film vengono da sedute con il mio terapista, con cui io e mia madre abbiamo cominciato a lavorare verso la fine della vita di lei.

La morte di sua madre, avvenuta nel 2012, risulta uno stimolo primario alla realizzazione di questo film. Ha saputo da subito di voler girare un documentario al riguardo? 

Nel 2011, durante gli ultimi sei mesi di vita di mia madre, cominciai a realizzare la pièce teatrale Organ Player. All’epoca non pensavo che fosse collegata alla salute in declino di mia madre o al mio rapporto con lei. Dopo la sua morte, tuttavia, ho capito che, anche solo per via delle tempistiche, quel lavoro doveva avere a che fare con l’accettazione della sua perdita. Così, quando ho concepito il film, sapevo di voler riallestire lo spettacolo e usarlo come fondamento per la sua storia. Mi sono resa conto che stavo cercando un modo per continuare a collaborare con lei.

Nei suoi lavori precedenti, gli spunti autobiografici emergevano solitamente in maniera velata. Cosa l’ha spinta a un approccio più diretto? 

All’inizio anche questo film era velato – la voce narrante non era la mia, c’erano meno contenuti sulla mia famiglia e sul mio lavoro, c’erano meno fotografie. Quella versione non aveva la potenza e l’autenticità che sapevo di poter dare al film, ed ero determinata a fare tutto il necessario senza compromettere l’integrità del mio progetto Narcissister. Perciò, nonostante il mio personaggio non parli mai, ero disposta a lasciare che le mie interviste diventassero la trama centrale del film. E abbiamo trovato una soluzione creativa per mostrarmi nelle foto di famiglia senza veramente rivelarmi.

Mettersi a nudo è centrale nella sua arte, ma qui lei esplora anche gli aspetti intimi delle vite di altre persone, in particolare dei suoi genitori. Come ha affrontato questa dimensione? Si è posta dei limiti? 

Quali limiti dovrei porre a me stessa nel parlare dei dettagli intimi delle vite dei miei genitori, e perché mai dovrei volermeli porre? So che avrebbero avuto fiducia nel mio approccio. Non abbiamo nulla da nascondere, e credo che sia questo a rendere il film coinvolgente: è crudo, vero, ed espone la realtà unica della mia vita di famiglia senza trattenersi.

Tre anni fa, Chantal Akerman portò No Home Movie qui a Locarno. Ci sono dei parallelismi tra quel film e il suo, dove appaiono ad esempio i video con sua madre girati da suo fratello. Il lavoro di Akerman è stato un punto di riferimento o un’influenza? 

Adoro quel film, e sono onorata dall’accostamento. L’ho visto mentre stavo lavorando al mio ed è stato una grande fonte di ispirazione. Io però sono un’artista, il cinema non apparteneva al mio mondo prima d’ora, per cui faccio riferimento per lo più alle arti visive e allo spettacolo. E, ovviamente, alla mia famiglia, le cui storie ed energie mi daranno tutta una vita di ispirazione e problemi, nel bene e nel male.

 

Narcissister incontrerà il pubblico del Festival durante i Locarno Talks la Mobiliare il 9 agosto presso lo Spazio Cinema.

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