News  ·  10 | 08 | 2019

Boys don't Cry

Histoire(s) du cinéma: Leopard Club Award Hilary Swank

È un 1999 tremendamente simile al 2019 quello in cui Hilary Swank presta i lineamenti, il fisico, ma soprattutto lo sguardo e la psicologia a Teena Brandon, il protagonista di Boys Don’t Cry. Il motivo? Dare un volto alla sua volontà, essere Brandon Teena. Quella dell’esordio alla regia di Kimberly Peirce, quella sull’identità di genere, sul limite valicabile tra l’essere e il sentirsi, è una riflessione che pare eterna; quantomeno lunga vent’anni, da quel set in Nebraska alla Piazza Grande di Locarno. La prova con cui Swank conquista il suo primo Oscar a venticinque anni è la prova che ogni singolo muscolo del corpo può essere contratto dalla psiche. Interpretando le pagine scritte da Peirce, l’attrice che pochi anni prima scalciava sul set di Karate Kid riesce a dare verità e coraggio a un ragazzo nato donna. A far convivere negli stessi lineamenti natura e identità, cercando di mettere ordine in un caos interiore costretto a vivere in una società indisposta, lenta e violenta. Boys Don’t Cry è una rivolta continua tra amore e violenza, tra un bacio e un cazzotto, tra un io sognato e un noi costretto. E lì, nel mezzo, c’è una giovane attrice del Nebraska in perfetto instabile equilibrio.

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