News  ·  10 | 04 | 2020

Addio Francis Reusser

Se ne è andato il grande cineasta romando

Regista, schierato, svizzero. Anzi, romando. Il cinema svizzero saluta uno dei suoi più grandi autori, uomo di un cinema impegnato, schierato, sociale, e Pardo d'oro nel 1976. Francis Reusser, classe 1942, se ne è andato al termine di una lunga sfida con la malattia. Nato a Vevey, presto orfano, Reusser ha vissuto con le immagini e per le immagini, prima fotografo, poi operatore, quindi regista. In prima linea nelle lotte sociali e culturali, è stato uno degli autori della generazione '68.

Cresciuto e ispirato cinematograficamente dai film di Jean-Luc Godard, nel 1966 fondò con Yves Yersin, Jacques Sandoz, Claude Champion e Freddy Landry la Milos Film. E fin da subito la sua storia di regista ha intrecciato quella del Locarno Film Festival. Autore dello sketch Patricia, nel 1968 è al Festival, e a Cannes, con Quatre d'entre elles. Un anno più tardi firma il suo primo lungometraggio, il potente Vive la mort, ma è nel 1976 che il suo ritorno a Locarno coincide con un'indimenticabile Pardo d'oro per Le Grand Soir. Film che a Locarno è tornato 40 anni dopo, la scorsa estate, grazie al prezioso restauro della Cinématèque suisse. Lui, fortemente delibitato dalla malattia, non riuscì a seguire il suo film in città, ma non mancò di mandarci un pensiero carico di ironia e speranza.

Nel 1981 Reusser e il Locarno Film Festival si incontrarono di nuovo, grazie alle immagini del suo Seuls, in conconrso. E anche in questo caso il film è poi tornato nel 2018, restaurato e presentato dalla Cinématèque suisse. Che oggi, ricordando il regista, propone gratuitamente, in VOD. Iniziativa che siamo felicissimi di condividere, inserirendo il film nel nostro LocarnoHomeFestival.

Martedì scorso, chiacchierando con Lionel Baier, proprio Jean-Luc Godard aveva ricordato Reusser così: "Non ha mai lasciato la Svizzera, con un piede nell'acqua e uno in montagna. La sua intera carriera è stata segnata dalle immagini del lago (il lago di Ginevra), che è uno dei pochi cineasti svizzeri ad aver girato così tanto - e così bene - in montagna. È stato indubbiamente uno dei testimoni critici della fine del secolo scorso e dell'inizio di questo in Svizzera, senza mai dimenticare che amava lamentarsi, amava filmare e amava la vita".


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