News  ·  10 | 08 | 2021

Il mistero Lattuada

Alberto Lattuada | Roundtable

© Locarno Film Festival / Ti-Press / Alessandro Crinari

Alla tavola rotonda locarnese sono tutti concordi: la retrospettiva è solo l’inizio del processo di riscoperta dell’autore.

Un foglio enorme che contiene alcune piantine molto dettagliate e accurate di spazi non identificati. A dispiegarlo, di fronte agli occhi dei presenti accorsi alla tavola rotonda locarnese dedicata al regista Alberto Lattuada, è stato Matteo Pavesi.

Tra lo stupore dei presenti, il direttore della Cineteca di Milano, istituzione che conserva nei suoi archivi un fondo Lattuada, ha spiegato che il regista milanese, autore dei disegni mostrati, era solito progettare ogni minimo dettaglio dei luoghi del film che si accingeva a girare.

Le piantine presenti in archivio sono forse tante quanti i titoli della sua filmografia. Il film in questione era Cuore di cane (1976), tratto dall’omonimo romanzo dell’amatissimo Bulgakov, presente anche nel programma festivaliero.

Questa è stata la dimostrazione più lampante di quanto Lattuada, di formazione architetto, fosse attento al profilmico, ai luoghi fisici del film, ma soprattutto di quanto fosse accurata la sua preparazione del lavoro registico. Pavesi ha accostato questa meticolosità a quella di Kubrick, notoriamente maniacale sul set.

Il coup de théâtre del direttore dell’istituzione archivistica, fondata dallo stesso Lattuada insieme all’amico e collega Luigi Comencini, ha dimostrato anche altro: il lavoro di riscoperta del regista milanese non finisce assolutamente con la retrospettiva del festival.

Secondo Roberto Turigliatto, curatore della retrospettiva, sono tre le strade da percorrere dopo Locarno: continuare con la riconsiderazione critica del regista, approfondire ulteriormente l’attività di conservazione e valorizzazione delle sue opere in ambito archivistico e, infine, intraprendere ricerche che possano far luce su un autore molto prolifico, un intellettuale acuto e un uomo pieno di interessi culturali. Insomma, il lavoro da fare per cercare di decifrare “il mistero Lattuada”, un’espressione molto felice coniata durante il dibattito da Alberto Anile, conservatore della Cineteca Nazionale di Roma, è soltanto all’inizio.  

La presenza al dibattito di due giovani e bravi ricercatori alla tavola rotonda, Gabriele Gimmelli e Ilaria Feole, che hanno parlato rispettivamente dell’ambiente culturale milanese in cui è cresciuto Lattuada e del suo peculiare rapporto con attori e attrici, fa ben sperare per il futuro. Da segnalare anche la presenza al dibattito di Olivier Père, ex-direttore del Locarno Film Festival, e Frédéric Bonnaud, direttore della Cinémathèque francais, a testimonianza dell’interesse internazionale di Lattuada al di là dell’ambito italofono.

Mattia Lento

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