News  ·  12 | 08 | 2021

Intervista al regista

C.J. "Fiery" Obasi – Juju Stories | Concorso internazionale

Com’è nato il film antologico Juju Stories?

Veniamo da un mondo pieno di storie del soprannaturale, di misticismo, al punto che sono quasi percepite come normali. Juju Stories è nato dal desiderio del collettivo di esplorare questi racconti in modo visivo e più universale, senza per forza apporre idee convenzionali del bene e del male a queste immagini e questi simboli.

Quali sono le sfide artistiche per il suo collettivo Surreal16?

Credo che siano le stesse sfide affrontate da qualunque regista o persona che vada contro ciò che si considera la norma. Nel nostro mondo ci dicono costantemente che non siamo commerciali o accessibili, e noi rifiutiamo tale ipotesi. Penso che quello che facciamo e cerchiamo di fare come collettivo sia necessario e pertinente. Credo che la definizione di ciò che è commerciale o accessibile non sia monolitica.

Quanto è difficile, oggi, essere il portavoce di un nuovo cinema africano?

Non la vedo così, è più riempire un vuoto. Al momento ci sono delle aspettative per il cinema africano. C’è una specie di comodità nel sapere cosa aspettarsi dalla cinematografia africana, soprattutto per quanto riguarda la Nigeria. E quando ti muovi in quello spazio, c’è un bisogno di sperimentare o innovare. Diventa persino una necessità.

Il suo è un film a episodi sul mondo della magia. Qual è il valore della magia nell’immaginario collettivo?

“Magia” è un termine occidentale per tutto ciò che va oltre l’immaginazione umana, e ci leghiamo a essa in quel modo, soprattutto come collettivo che esplora temi soprannaturali. “Juju”, però, ha una connotazione più complessa. E nell’esplorare Juju, si approfondisce maggiormente cosa ispiri le persone, si va al centro della loro essenza. In un certo senso è l’opposto di ciò per cui è nota la magia. La magia si allontana e va oltre, mentre il Juju va in profondità e all’interno, credo.

Quanto è importante per i suoi film trovare spazio e visibilità all’interno di festival internazionali come Locarno?

È tutto. I festival come Locarno guardano in avanti e sono progressisti, e quando arrivano ti offrono una piattaforma che non solo è enorme, ma è anche un marchio che dice che ciò che facciamo merita un posto al fianco di tutto quello che si celebra nel mondo del cinema. E, come ho detto, questo per noi è tutto.

Intervista a cura di Lorenzo Buccella

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