News  ·  06 | 08 | 2021

Singe-keu-hol

KIM Ji-hoon | Piazza Grande

Il cinema (sudcoreano) non cessa mai di stupire. Forte di un mercato interno in grado di reggere e alimentare talenti e sfide industriali, sa giocare con i codici del cinema spettacolare con una arditezza che una volta apparteneva solo al cinema di Hong Kong pre-Handover. Sing-keu-hol di Kim Ji-hoon potrebbe tranquillamente essere una commedia (catastrofica) di Mario Monicelli. Del maestro della commedia all’italiana Kim Ji-hoon possiede lo sguardo caustico e spietato nei confronti dei suoi connazionali assorbiti dal mito del benessere e dagli status symbol che comporta. Non fa sconti alla borghesia del suo paese, Kim Ji-hoon. La classe media che si vede nel suo film è un’umanità in corsa perpetua verso la ricchezza. Ma che succede quando le stesse persone che si detestano appassionatamente si trovano a dovere affrontare una situazione eccezionale? Così capita che, fra un litigio e una spettegolata, il condominio nel quale vive questo allegro campionario di umanità coreana, sprofondi nelle viscere della terra (e qualsiasi riferimento ad altre tragedie che hanno colpito il paese è ovviamente… puramente causale). Sprofonda un solo condominio, tutti gli altri intorno restano in piedi. Capita così che quel che ci è voluto più di dieci anni a ottenere sprofondi in un solo momento. E fra le viscere della terra, mentre un pezzo del palazzo cede vitali centimetri alla forza di gravità, i vicini che tanto cordialmente si detestavano, devono iniziare a fare bene i conti se vogliono sopravvivere e ritornare a vedere la luce del sole. Sing-Keu-Hol di Kim Ji-hoon è tante cose insieme. Il versante catastrofico non ha nulla da invidiare ai più robusti blockbuster hollywoodiani. La critica sociale è forte e mirata. E la commedia semplicemente irresistibile. Kim Ji-hoon gioca a tutto campo e vince.

Giona A. Nazzaro

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