News  ·  10 | 01 | 2022

To Sir Sidney Poitier With Love

Il direttore artistico Giona A. Nazzaro ricorda il grande attore americano scomparso a inizio anno, che fu protagonista della Retrospettiva di Locarno72 con le immagini del suo Stir Crazy

Sidney Poitier between Gene Wilder and Richard Pryor, the stars of Stir Crazy, a film Locarno audiences rediscovered thanks to the Black Light retrospective in 2019

Il cordoglio universale per la scomparsa di Sidney Poitier è stato pari solo al commosso senso di gratitudine per quanto ha realizzato nell’arco di una carriera esemplare, nel segno dell’eccellenza artistica e dell’impegno civile. In questi anni drammatici durante i quali siamo stati nuovamente testimoni della violenza indiscriminata nei confronti degli afroamericani, abbiamo a volte ceduto alla tentazione di pensare che rispetto ai tempi di Paul Robeson, Ossie Davis, Harry Belafonte, Ruby Dee, Max Julien si stava arretrando spaventosamente rispetto alle conquiste dei diritti civili, così faticosamente difese.

Sidney Poitier non è stato solo il primo attore afroamericano a vincere un Oscar (per il film Lilies of the Field di Ralph Nelson, per il quale vinse anche l’Orso d’argento a Berlino). Sidney Poitier ha rappresentato un’eccellenza etica, morale e artistica in tempi difficilissimi, aprendo porte che altri avrebbero volentieri conservato ben serrate. La sua presenza nel cinema hollywoodiano ha rappresentato una discontinuità la cui onda lunghissima si avverte ancora oggi nel carisma di interpreti come Denzel Washington, Eddie Murphy, Angela Bassett, Will Smith, Jennifer Hudson, Morgan Freeman, Whoopi Goldberg e tantissimi altri nomi. Sidney Poitier, conquistando la prima fila, ha di fatto dichiarato che gli afroamericani non dovevano per forza essere condannati solo al ruolo di eccellenti caratteristi o spalle dei divi bianchi: potevano reggere da soli – e in maniera eccellente – le luci della ribalta.

Con la sua presenza, e la scelta dei ruoli, Poitier ha imposto, con ferrea determinazione, un modello alternativo per gli artisti afroamericani, offrendo a chi non aveva ancora voce, di alzarsi e reclamare i suoi diritti. Inevitabile pensare al magnifico film di Joseph L. Mankiewicz No Way Out, nel quale affronta un feroce e luciferino Richard Widmark, gangster razzista e spietato. Oppure il tesissimo The Defiant Ones di Stanley Kramer nel, quale ammanettato a Tony Curtis, mette in scena una società segregata. Sorridente, quando parlava del film, diceva che il pubblico afroamericano, faticava a esercitare la sospensione dell’incredulità. “Nessun fratello, mi dicevano” raccontava Poitier, “si sarebbe sacrificato per un bianco”.

Nel corso della sua carriera, Poitier ha saputo con grande astuzia sottrarsi alle trappole di un’immagine pubblica rassicurante e allo stesso tempo guardare sempre avanti. Esemplare il suo esordio registico, il western Buck and the Preacher che nel 1972, nel pieno della cosiddetta blaxploitation, rievoca come i bianchi dopo la guerra civile di fatto assoldassero squadroni della morte per allontanare i reduci dalle terre loro promesse. Interpretato al fianco di Harry Belafonte, il film anticipa Posse di Mario Van Peebles e il recentissimo The Harder They Fall di The Bullitts (al secolo Jeymes Samuel). Tantissimi i film memorabili interpretati da Sidney Poitier. Basti pensare a The Silent Thread, l’esordio di Sydney Pollack, Blackboard Jungle di Richard Brooks, Porgy and Bess di Otto Preminger, Paris Blues di Martin Ritt, A Patch of Blue di Guy Green, In the Heat of the Night di Norman Jewison, Guess Who’s Coming to Dinner? di Stanley Kramer e tanti altri.

Sidney Poitier ha continuato a lavorare costantemente sino alla fine. Basti pensare all’ottimo Shoot to Kill di Roger Spottiswoode, film che segna il suo ritorno davanti alla macchina da presa dopo dieci in cui si era dedicato alla regia o all’eccellente Sneakers di Phil Alden Robinson, nel quale divide lo schermo, fra gli altri, con Robert Redford, Dan Aykroyd, James Earl Jones, Ben Kinsley e River Phoenix. Un autentico gigante del cinema, non solo hollywoodiano, un eroe che non ha mai voluto essere considerato tale che ha contribuito in maniera determinante all’avanzamento della causa dei diritti dei cittadini afroamericani, Sidney Poitier è un patrimonio dell’umanità.

Impossibile non condividere le parole del presidente Obama che nel conferirgli nel 2009 la Presidential Medal of Freedom ha dichiarato: “È stato detto che Sidney Poitier non ha fatto film. Ha fatto pietre miliari. Pietre miliari del progresso americano. Poitier ha dichiarato che ciò che lo ha motivato ad andare avanti è stato diventare una persona migliore. Nel farlo, ha reso persone migliori anche noi”.

Giona A. Nazzaro

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