News  ·  31 | 03 | 2022

Dalla Spring Academy al futuro

Davide e Matilde, due dei dodici ragazzi e ragazze selezionati in tutto il mondo, raccontano il loro workshop guidati da Michelangelo Frammartino, nel cuore del Ticino

Davide e Matilde, italiano il primo, svizzera la seconda, ventisei anni lui, venticinque lei, sono due dei dodici giovani talenti che dal 11 al 20 marzo hanno vissuto la prima edizione della Spring Academy, il nuovo e progetto del Locarno Film Festival, in collaborazione con il CISA, dedicato alla formazione dei professionisti di domani. Un terreno fertile in cui far crescere il cinema lasciandogli spazio e fornendogli gli strumenti adatti. Ad esempio una guida - anche se lui probabilmente preferirebbe spalla - come Michelangelo Frammartino, che per dieci giorni li ha affiancati nella realizzazione del loro progetto. Dodici film nati e cresciuti in un Ticino infinito, teatro della Ticino Film Commission e capace di accogliere il cinema con le palme o con le rocce, in città o in valle, brillante come il sole o umido come la nebbia. Dodici film che il pubblico scoprirà nel corso di Locarno75. 

La Spring Academy di Matilde

«È stata una passione condivisa - ricorda Matilde Casari, ticinese classe 1997, studentessa del CISA, il Conservatorio Internazionale di Scienze Audiovisive che insieme al Locarno Film Festival ha pensato e dato vita alla Spring Academy - che mi ha lasciato sicuramente un velo di malinconia, un ricordo potente, tanto entusiasmo e nuovi amici con cui spero di condividere nuovi progetti in futuro. Lavorando con loro mi sono confrontata con sguardi e “fare cinema” diversi. È stato affascinante scoprire quali temi li interessavano e come volessero raccontarli. Ho guardato tanto, tantissimo, e a ognuno ho rubato qualcosa che custodirò per il mio futuro».

Forte, per Matilde, scoprire l’importanza di avere una scuola alle spalle. «Arrivare con il bagaglio di tre anni di CISA è stato importantissimo, parlavamo con lo stesso vocabolario e così esprimermi, comunicare la mia idea e il come volevo realizzarla è stato più semplice. Ma soprattutto mi sono sentita forte, solida tecnicamente; è stato molto rassicurante. Avendo appena un giorno per realizzare il proprio film era fondamentale poter pensare solo all’idea e alla sua messa in pratica. Grazie alla formazione al CISA ho potuto dedicarmi completamente all’aspetto creativo, forte delle mie certezze sia in termini di strumenti, sia in termini di compagni al mio fianco».

Tra loro, uno particolarmente “forte”: Michelangelo Frammartino. «Mi hanno colpito la sua disponibilità e la sua capacità di sbloccare le situazioni con parole e input fondamentali, in grado di accendere le riflessioni necessarie per uscirne. Quelle con lui sono state chiacchierate di forte ispirazione, durante le quali ha sempre rispettato le nostre idee: il lavoro era nostro e lui era al suo servizio, aiutandoci a riuscire in quello che volevamo portare a casa. In ogni fase di lavorazione ci ha sempre aiutato a capire perché stavamo facendo quello che stavamo facendo».

E poi, un nuovo Ticino. «Pochi giorni prima del workshop sono stata a Mergoscio, sopra la diga della Verzasca, e ho scoperto un paesaggio lunare che immediatamente è entrato nella mia idea: la mia storia doveva abitare lì. Poi, guardando e sbirciando i lavori degli altri, ho scoperto una maniera nuova, diversa, di guardare il mio territorio, il Ticino». 

La Spring Academy di Davide

«Della Spring Academy mi rimarrà a lungo il suo essere stata un laboratorio collettivo - racconta Davide Palella, italiano, classe 1996 e con già diverse esperienze nel mondo del cinema - durante il quale un filmmaker può ritrovarsi a coprire qualsiasi altro ruolo sul set di un altro. E questo è successo addirittura con Frammartino, che a un certo punto l’ho scoperto a posizionare uno stativo sul mio set, per me! È qualcosa che emoziona in maniera spontanea, oltre ad essere molto divertente».

«Io invece - continua Davide - ho fatto il fonico per il film di Mona e ho recitato, tra molte virgolette, in quello di Caterina e Antonio. E poi ho fatto location scouting per Daniel, aiutandolo a cercare la sua. È stato bello, ognuno ha trovato il suo, unico Ticino. Se l’è cercato e lo ha scelto, dai boschi alieni al rifugio in montagna, dalla cava mineraria all’osservatorio. Il Ticino è così, è passare continuamente da un universo all’altro».

Dodici registi, un gruppo. «Il primo giorno eravamo impostati, seri, l’ultimo un gruppo di amici. Ho sentito una fratellanza potente, ogni set finiva con abbracci sinceri, vivi. Frammartino? Somiglia moltissimo ai suoi film, è una persona capace di porsi sempre alla giusta distanza. Lo fa con il suo cinema e lo fa con le persone, mai invasivo, sempre alla ricerca di cogliere il nòcciolo rispettandolo, non facendolo proprio, bensì espandendolo e portandolo nella sua direzione più radicale possibile. Ha l’enorme capacità di cogliere e condurre all’essenziale».

Dieci giorni per sentirsi al posto giusto. «Il fuoco del cinema per me si è acceso in Spagna, sul set del mio mediometraggio, lì ho capito che era quello che volevo, ma con un dubbio: che non fossi abbastanza. A Locarno, durante la Spring Academy, ho capito che lo sono, che posso far parte di questo universo».

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