News  ·  09 | 08 | 2022

Balıqlara xütbə

Hilal Baydarov | Concorso internazionale

©Ucqar Film

Si potrebbe tracciare un parallelismo tra il miracolo di Sant’Antonio di Padova che predica ai pesci e Balıqlara xütbə (Sermon to the Fish) di Hilal Bayadarov. Mentre gli eretici di Rimini nel XIII secolo non si interessavano alle parole del santo, dei pesci si raggrupparono nei pressi della riva per ascoltarlo. Oggigiorno, le persone sono spesso disinteressate e danno le spalle alle due più grandi tragedie del mondo contemporaneo: le guerre continue e l’inquinamento del nostro ambiente naturale. Questi due argomenti si intrecciano nel nono lungometraggio del regista azero Hilal Baydarov. Diplomato in matematica e scienze informatiche, Baydarov si è trasferito da Baku per studiare cinema sotto l’egida di Béla Tarr alla Sarajevo Film Academy, dove molti giovani talenti sono cresciuti per quattro anni e mezzo grazie al maestro ungherese. La carriera di Baydarov è stata molto prolifica dall’esordio con Hills Without Names nel 2018: nello stesso anno ha fatto uscire altri due film, One Day in Selimpasha e Birthday, seguiti dalla trilogia Katech– When the Persimmons Grew (2019), Mother and Son (2019) e Nails in My Brain (2020) – e poi In Between Dying (2020), in concorso a Venezia, e Crane Lantern (2021), entrambi prodotti da Carlos Reygadas, che è anche uno dei produttori di Balıqlara xütbə. Anche se i suoi primi film erano documentari, e il suo girare con troupe ridotte al minimo permette alla realtà di entrare notevolmente nei suoi lavori di finzione, lui stesso rifiuta la differenziazione, affermando di non aver mai pensato al fatto che stesse girando l’uno o l’altro. La sua nuova opera, Balıqlara xütbə, è esteticamente stupefacente, con il regista stesso a firmare la fotografia. La premessa di questo poema visivo è semplice: un giovane soldato torna nel suo villaggio abbandonato, e sua sorella e un cane sono gli unici superstiti. Il paesaggio apocalittico è pieno di pompe per l’estrazione del petrolio. Tra le prime parole pronunciate da Davud (personaggio ricorrente negli ultimi film del regista, interpretato da Orkhan Iskandarli) c’è la frase «Abbiamo vinto la guerra», alla quale la sorella risponde «Tutti quelli che conosci sono morti. Sono tutti marciti e morti.» Mentre le nuvole passano e la terra si fa sempre più arida, i ricordi bellici di Davud cominciano lentamente a occupare lo schermo. Un impressionante lavoro sul sonoro, inclusa l’ipnotica musica di Kanan Rustamli, mischiata con le immagini mozzafiato ma desolanti, trasporta lo spettatore in uno stato onirico, dove uno inizia a chiedersi: siamo ancora vivi?  

Stefan Ivančić 

 

Curiosità
Hilal Baydarov, regista e documentarista azero premiato in numerosi festival internazionali e formatosi con Béla Tarr, è un ex tecnico informatico. 

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