News  ·  10 | 08 | 2022

Home of the Brave

Laurie Anderson | Piazza Grande

©Courtesy of Canal Street Communications

Se un film realizzato più di 35 anni fa è ancora in grado di parlare a un pubblico contemporaneo, significa sicuramente che affronta temi universali. Nel caso di Home of the Brave di Laurie Anderson la questione è ancora più complessa, perché il suo film-concerto esplora molti argomenti di attualità nella società odierna: la disconnessione tra esseri umani, intrappolati in una gabbia dorata tecnologica dove simulano la propria felicità. La relazione tra il singolo e le macchine che migliorano la qualità comunicativa ma non il livello umano, emotivo. Non è una cosa che stiamo tutti vivendo oggi? Nel 1986 Laurie Anderson mostrava al mondo di aver capito esattamente dove fosse diretta la società occidentale e decise di avvertirci tramite uno spettacolare concerto. Ma il tono non è quello sterile di un sermone: Home of the Brave è gioioso, colorato, un po’ folle, pieno di grandi canzoni e arti performative. Mescolando musica, contenuto visivo e altre forme espressive, questa artista unica ha creato un puzzle sensoriale che va prima assimilato, e poi decodificato. La stessa Laurie Anderson interpreta una sorta di maestro di cerimonie in questa tournée psichedelica, un menestrello inarrestabile che ci accompagna lungo un viaggio dove assisteremo a momenti musicali indimenticabili. Dopo lo strumentale Good Evening, i parlati Zero e One danno il tono a Home of the Brave: viviamo in un mondo digitale, fingendo di essere ancora liberi dalla pressione di diventare 0 o 1. E non c’è nulla tra quelle due cifre… L’ironia che traspare dal film-concerto per l’intera durata di un’ora e mezza è forse la sua qualità maggiore. Home of the Brave conferma la capacità artistica multidisciplinare di Laurie Anderson, il cui spiritoso linguaggio del corpo trasforma la sua danza in un pupazzo eclettico che sembra qualcosa a metà tra un mimo e una star del cinema muto come Charlie Chaplin. L’anima metaforica del film è senza dubbio la canzone Language Is a Virus, dove parla con arguzia della necessità di riscoprire l’importanza delle parole, senza limitarsi ad assorbirle senza filtro. In fin dei conti, Home of the Brave non è solo un bellissimo spettacolo: il lavoro di Laurie Anderson è un dialogo distopico e buffo con il presente e – ora lo sappiamo – anche il futuro… 

Adriano Ercolani 

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