Al Ma’ wal Khodra wal Wajh El Hassan (Brooks, Meadows and Lovely Faces)
Concorso internazionale
«Racconto storie d’amore. Faccio film non per uccidere, ma per evitare la morte». La frase è del 1995, ma si adatta perfettamente al film che Yousry Nasrallah ha realizzato vent’anni dopo la sua indagine sui giovani e l’uso del velo, mostrata proprio qui a Locarno. Il fondo morale di questo regista innamorato della vita e dei suoi personaggi non è cambiato negli anni. Anzi, questa sua ultima avventura, che ha l’ambizione di far coincidere generi diversi, come il melò, il musical e la commedia, suona come un inno alla potenza dell’amore. Amore con cui si superano le differenze di età e di ceto, amore con cui si prepara un piatto o una festa, amore che va oltre i limiti imposti dalle leggi.
Fare cinema non è mai un atto innocente, neppure quando le storie che si raccontano sembrano svolgersi nell’alveo tranquillo della finzione più dichiarata. Per Nasrallah questa cesura dal cosiddetto realismo è un modo per ricercare una complicità con lo spettatore che è la base necessaria affinché la verità della storia possa venire alla luce. Così c’è bisogno di accettare i codici del cinema per entrare in questo racconto che nell’arco temporale di un matrimonio dispiega una visione critica della società egiziana: non solo perché mette in evidenza connivenze tra potere politico, militare e imprenditoria ma anche perché mai come qui la gioia di vivere dei personaggi fa i conti con un’atmosfera di repressione che aleggia oltre i margini dell’inquadratura.
Nasrallah ha la forza (morale) di far sentire la violenza senza lasciarla entrare in campo: il suo film resta un omaggio a una società che ancora si pensa libera, che non vuole rifiutare di ballare, che ancora si vuole abbandonare ai giochi di seduzione. Sarà per questo che i suoi travelling capaci di raccordare i passi degli amanti ci appaiono necessari ed eleganti, moderni e politici come non mai.
Carlo Chatrian
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