News  ·  07 | 08 | 2019

Catherine Breillat e il mandato presidenziale

Concorso Internazionale - Giuria

Catherine Breillat, questa volta il suo ritorno a Locarno avviene nelle vesti di Presidente della Giuria del Concorso internazionale, un ruolo fondamentale nel decidere quali saranno le caratteristiche che dovranno avere i Pardi di Locarno72…

Per me è un grandissimo onore. Già in passato ero stata in Giuria a Locarno, il Festival a cui sono legata perché nel 1988 vi ho presentato Vergine taglia 36. Un film che aveva destato scandalo non tanto nella gente del Festival, quanto nel pubblico e nella critica. In tanti mi hanno detto che ero in anticipo sui tempi, però rimasi stupita da quanto gli spettatori fossero sconvolti dalla storia di un’adolescente che durante una vacanza perde la verginità.

E forse è proprio per questo carattere anticipatore che due anni fa, durante la retrospettiva celebrativa per il 70° del Festival, il film è stato riproiettato in quanto opera-simbolo di Locarno…

E lì la proiezione è andata molto bene: è stato un bel momento, ma sono passati anche 30 anni…

È più difficile oggi trovare film che possano cambiare le aspettative?

Sì e no, perché ci sono autori i cui film sono ben fatti ma che mi annoiano mortalmente, al punto che faccio persino fatica a capire perché piacciano alla gente. Altri, invece, mi entusiasmano. Locarno naturalmente è un posto importante per il cinema d’autore, ma poi entrano in considerazione anche le questioni di gusto: solo perché non mi piace un film non significa che non abbia qualità. E quindi ci si deve confrontare e ascoltare le opinioni degli altri.

E da questo punto di vista, quali sono le scoperte che spera di fare, dovendo passare in rassegna tutti i film del Concorso internazionale di quest’anno?

È un po’ come quando cerchi attori sconosciuti e hai sempre la speranza di incontrare il grande interprete. Naturalmente mi piacerebbe imbattermi in un film che sia un capolavoro, uno di quelli per cui vale la pena lottare, ma purtroppo non si può mai sapere in anticipo se questa sarà una buona o una cattiva annata. Di certo, però, combatterò per le mie convinzioni, che spesso non sono quelle di tutti.

Nel corso della sua carriera di regista, sceneggiatrice e scrittrice ha sempre cercato di ridefinire i desideri sessuali femminili con scelte coraggiose. Quest’anno con la Direzione artistica di Lili Hinstin c’è molta attenzione sul cinema al femminile…

Se mi sono occupata di desiderio femminile non l’ho fatto consapevolmente, perché in realtà cerco sempre di parlare di qualcos’altro. Poi, sulla questione cinematografica in generale, devo ammettere che a me non piacciono le quote rosa. Voglio essere considerata come autore, non come donna, perché sono le opere che contano.

E a proposito di opere, che valore dà al termine “provocazione” di fronte a un mercato cinematografico dove spesso le opere marginali hanno poco spazio?

Le mie opere hanno fatto scandalo, ma io non le ho mai fatte solo per provocare. Poi, per il resto, posso essere un esempio. Bisogna esserci e insistere, perché alcuni cineasti vengono accettati subito, per altri invece il rapporto col pubblico può essere molto più laborioso.

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