News  ·  15 | 08 | 2019

Blow Out

Histoire(s) du cinéma: Unknown Pleasures – La Cinémathèque suisse presenta: Grauzone

«Fate attenzione ai seguenti sintomi: sentite un improvviso impulso ad uscire all’aperto, vi sentite attirati da luoghi legati al vostro passato, amate il levare del sole, cadete in una profonda tristezza senza apparenti motivi, avete il desiderio segreto di fare un giorno una cosa intenzionalmente, sprofondate inaspettatamente in un sonno senza sogni». In una Zurigo integralmente asfaltata e cementificata, tutta cromature ed efficienza, dove i bambini saltano la corda rimando «sechs» con «Ödipus-Komplex», gli organi di stampa si ritrovano intasati da messaggi che annunciano una misteriosa epidemia, i cui sintomi ricordano pericolosamente i segni di una presa di coscienza. Quando Fredi M. Murer gira Grauzone (1979), suo primo film di finzione, si è solo a un passo dai moti rivoluzionari del movimento Züri brennt, e oggi è difficile vedere il film senza pensare che ne avesse captato le avvisaglie. Ma al contempo la storia della metamorfosi dell’impiegato Alfred M., appassionato registratore di suoni (figura che nel 1985 troverà un negativo nel protagonista sordo di Höhenfeuer, l’opera seguente di Murer), racconta di una ribellione quieta consumata in un silenzio attento ai rumori della natura (rigorosamente filtrati da cuffie e nastri). E lo fa focalizzandosi, prima che sui suoi risvolti pubblici, sulla dimensione privata del rapporto tra Alfred e la moglie Julia.

Incorniciato da una voce fuori campo che conferisce al film un’atmosfera da qualche parte tra il documentario e il gioco in stile Nouvelle Vague, filmato in un lucido bianco e nero che fa emergere ancor più le “zone grigie” di una Zurigo lungamente sorvolata dalla telecamera, Grauzone infrange le geometrie maniacali della Svizzera coeva e, tra ironia e poesia, invita a diventare “obiettori all’assimilazione”.

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