L’Argentina oggi. Oggi 1992, anno in cui nei cinema di Buenos Aires uscì Rapado, di Martín Rejtman. La novità di quel film, e presto di quel cinema, era parlare al presente. Niente più imperfetto, niente più passato, prossimo o remoto che fosse: Rejtman parlava al presente. Con il suo film d’esordio - e che esordio - il trentenne di Buenos Aires mise una mano sulla testa del cinema argentino e la voltò, orientandola al qui e ora e non più, o non solo, al passato. Rapado racconta l’Argentina e la sua capitale oggi, e non per questo il racconto è meno urgente o necessario. È il racconto della generazione Lucio, il protagonista del film; una generazione sospesa, nomade sul posto, girovaga per noia, giovani uomini senza scopo che stiracchiano il presente indebolendo il futuro. Giovani scansafatiche? No, l’osservazione sociale e politica di Rejtman è la fotografia in movimento di un Paese in pausa, di cui quei giovani sono il salvaschermo. Rapado è un film sociale, politico, un nuovo cinema argentino che presto accoglierà i Lucrecia Martel e Lisandro Alonso, facendo di quel presente il nuovo orizzonte del cinema sudamericano.
Rapado è la storia di un ragazzo a cui dopo 25 secondi di film rubano la moto e le scarpe, fulminante metafora del “ma dove vuoi andare”. In meno di un minuto l’azione, filmica e generazionale, finisce, Lucio si ritrova senza gli strumenti minimi necessari per prendere la propria strada. A rubarglieli e fregarlo, senza particolari sbalzi emotivi, è il “così va il mondo”, o quanto meno l’Argentina. Inevitabile pensare immediatamente alla bici di Antonio Ricci, a un Ladri di biciclette australe. Ma se per il papà di Bruno quella bicicletta è indispensabile, è lavoro, è futuro, è l’orizzonte di suo figlio, per il figlio di nessuno, Lucio, quella moto è trofeo di gioventù, bighellonaggio, velocità fine a se stessa. Antonio ha Bruno, Antonio è Bruno, Lucio non ha nessuno, Lucio è Lucio; e probabilmente è il primo, di un’umanità orbitante attorno al suo vuoto, a non sapere chi sia. Entrambi, in un moto da artificiere del proprio destino, provano a riprendersela, sbolognando proprio quel destino su un ultimo più ultimo di loro, ma per Lucio, ancora una volta, è tempo perso. Più o meno quanto andare a farsi tagliare i capelli dal parrucchiere e poi rasarsi a zero. Rapado.
Alessandro De Bon