News  ·  12 | 08 | 2020

EUREKA! Lisandro Alonso

Il regista argentino presenta il suo nuovo film trilingue, protagonista di The Films After Tomorrow

Lei stava girando per la prima volta fuori dalla sua Argentina con una troupe internazionale, quando ha dovuto interrompere le riprese per l’emergenza COVID-19. Come ha vissuto questa esperienza e la sua brusca interruzione?
Anche se non è la prima volta che giro fuori dall’Argentina (alcune scene del mio film precedente furono girate in Danimarca), è vero che questo è il mio primo film recitato interamente in altre lingue (inglese, indigeno e portoghese). Ci sono tre diverse troupe internazionali a seconda del paese in cui giriamo. Chiaramente la pandemia non ha facilitato le riprese o il budget. Ci sono vari protocolli per girare in futuro e ce ne saranno ancora di più, con tre troupe diverse e confini internazionali diversi. Questa interruzione è stata molto triste e sorprendente per tutti.   

Ora il suo progetto partecipa in un Concorso come the Films after Tomorrow che vuole sostenere il cinema di domani. Quanto è importante in un momento come questo scommettere sul futuro?
È sempre importante pensare ai progetti che possono essere generati in futuro, almeno per me, che dedico anni interi a pensare “a mano” ogni idea che ho, dove vorrei girarla, e con chi la vorrei portare a termine.
In questo momento, credo soprattutto che dobbiamo avere uno spirito forte, e anche il corpo, per non lasciarci trasportare dai limiti. Dobbiamo rispettare i nostri governi, e anche gli altri, i nostri limiti personali. Penso che sia essenziale cercare di mantenere l'energia che avevo quando ho interrotto il mio film, a marzo 2020.
Questa routine è molto limitante e mi stanca, ma a volte penso anche di aver vinto l'incontro, anche se ho un po'di sangue sul sopracciglio.

Il suo è un cinema d’autore che si è fatto apprezzare a livello internazionale proprio per la capacità di cercare un linguaggio che sia tanto personale quanto sperimentale. Quali sono i valori a cui non rinuncerebbe mai quando si approccia a un nuovo film?
Non finirlo come se lo merita, e avere un mezzo film. Sarebbe un male per gli altri miei progetti dentro e fuori dal cinema.

Lei fa parte di una nuova generazione di cineasti argentini che ha rinnovato l’immaginario proveniente dal Sudamerica. Quali sono state le principali ragioni che hanno portato alla nascita di un nuovo sguardo?
I governi e le politiche sudamericane, le crisi economiche, le scuole di cinema, i cambi generazionali di critici cinematografici, i festival cinematografici locali e internazionali, ma soprattutto credo fosse mio desiderio di ritrarre un giovane che viveva fuori città, un po’ isolato, a contatto con la natura.

È la domanda che facciamo a tutti: secondo lei come cambieranno il cinema e il fare cinema dopo l’esperienza della pandemia?
Penso che il cinema si trasformi sempre, dai fratelli Lumière a questi tempi degli smartphone. Penso che ogni regista saprà come giocare con queste evoluzioni, queste nuove opportunità e i nuovi strumenti, e ovviamente puoi sempre farti da parte e lasciare che gli altri continuino con nuove opportunità, verso nuovi spettatori e nuovi formati. A volte sento che non posso viaggiare alla velocità che la tecnologia mi propone, per non parlare del pubblico. E non sento che questo sia il mio desiderio.

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