News  ·  12 | 08 | 2020

Open Doors, il viaggio continua

La rassegna Through the Open Doors si conclude con cinque grandi film del passato

La seconda parte del viaggio attraverso i primi diciasette anni di Open Doors proposta dalla retrospettiva Through the Open Doors è iniziata ieri sera con la proiezione al GranRex del capolavoro di Souleymane Cissé Yeelen - La luce. Nel quadro di Locarno 2020 - For the Future of Films, Through the Open Doors propone una selezione di film che sono stati presentati nel corso degli anni negli Open Doors Screenings o che allo stadio di progetti hanno partecipato alla piattaforma di coproduzione di Open Doors e in seguito sono stati completati con successo. Open Doors, iniziativa promossa dal Locarno Film Festival in collaborazione con la Direzione per lo Sviluppo e la Collaborazione del Dipartimento Federale degli Affari Esteri, propone attraverso le sue attività professionali, Hub (mercato di coproduzioni) e Lab (laboratorio di formazione per giovani produttori), e l'interfaccia pubblica degli Screenings una piattaforma mirata a favorire la creazione di opere originali e indipendenti in contesti in cui il cinema di creazione non è particolarmente sostenuto o valorizzato.

Completato nel 1987 e presentato trionfalmente in Concorso al Festival di Cannes quell'anno, Yeelen è un'opera emblematica di questo approccio senza compromessi e profondamente ispirato che persegue un cinema puro e senza tempo. Pietra miliare nella storia delle cinematografie africane e vetta della carriera del Maestro maliano Cissé, Yeelen s'ispira alle leggende e al folklore bambara per illustrare un malioso racconto iniziatico intriso di magia e mistero. Vincitore del Premio della Giuria a Cannes, fu il primo film dall'Africa subsahariana e conoscere distribuzione globale. Il film passa in replica questa sera alle 20:30 al PalaVideo.

Si prosegue con Sur la planche, coraggioso esordio della marocchina Leila Kilani. Presentato con clamore alla Quinzaine des réalisateurs di Cannes 2011, questo debutto ruvido e sentito propone un ritratto di donne lavoratrici nella Tangieri di oggi, interrogandosi sulla posizione del femminile e il desiderio di emanzipazione della donna in una società conservatrice. Con questo debutto, Leila Kilani si è imposta come una delle voci più promettenti del nuovo cinema arabo.

Vincitore del Pardo d'Oro di Locarno 2010, Winter Vacation del cinese Li Hongqi è uno dei veri fiori all'occhiello della storia di Open Doors, giacché fu incluso nella selezione dei progetti presentati nell'anno di un focus sulla Cina. Si tratta di un'opera singolare e stravagante, segnata dallo stile ironico e secco di Li. In Winter Vacation, Li costruire un racconto al contempo ilare e profondo in una serie di tableaux che raccontano la vita in una città del nord della Cina durante il periodo delle vacanze invernali. Un'opera essenziale del nuovo cinema cinese che vale la pena rivedere.

Il documentario siriano I Am the One Who Brings Flowers to her Grave di Hala Abdallah e Ammar Al Beik è un altro lavoro essenziale. Completata nel 2006, prima dell'esplosione del conflitto che ha portato la Siria al centro delle cronache globali, quest'opera dolorosa e complessa riflette sull'esperienza dell'esilio attraverso un doppio percorso, in Siria e fuori dalla Siria, mettendo in risalto l'importanza della creazione, della poesia e dell'attaccamento alla terra. Un film di grande importanza storica e culturale che Open Doors ha contribuito a digitalizzare in occasione di questa nuova presentazione a Locarno 2020 - For the Future of Films - rendendola quindi disponibile a nuove generazioni di spettatori.

Through the Open Doors si chiude simbolicamente con un altro ex progetto Open Doors materializzatosi in opera di 'rottura', Necktie Youth di Sibs Shongwe-La Mer. Senza dubbio uno dei grandi film sudafricani dell'ultimo decennio, il debutto di Shongwe-La Mer presenta un ritratto senza pregiudizi e senza falsi pudori sulla gioventù agiata di Johannesburg, al di là degli stereotipi di razza, genere e preferenza sessuale. Un film a suo modo 'scomodo' che sfida le confortevoli convenzioni della rappresentazione del Sud Africa e della sua realtà umana e sociale, aprendo una porta su un nuovo cinema d'impatto estetico e politico inatteso.

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