News  ·  09 | 08 | 2020

Open Doors, terre da riscoprire

In parte con proiezioni fisiche, in parte con proiezioni online, gli Open Doors Screenings ripercorrono alcune tappe di una storia lunga 18 anni

La tradizionale rassegna locarnese degli Open Doors Screenings, finestra sulle cinematografie dei paesi in focus a Open Doors, iniziativa promossa dal Locarno Film Festival in collaborazione con la Direzione per lo Sviluppo e la Cooperazione (DSC) del Dipartimento Federale per gli Affari Esteri, in occasione di Locarno 2020 - For the Future of Films, propone due linee di programmazione. E mentre gli spettatori ticinesi possono ripercorrere a Locarno la storia delle prime diciassette edizioni di Open Doors attraverso il percorso della retrospettiva Through the Open Doors, il sito del Locarno Film Festival offre ad un pubblico globale dieci lungometraggi e dieci cortometraggi dai quattro paesi del focus Open Doors 2020, Birmania, Filippine, Indonesia e Malesia.

I lungometraggi inclusi nella selezione degli Open Doors Screenings on line sono opere che all'epoca della loro prima presentazione ottennero notevoli riscontri nel circuito festivaliero. A causa della mancata distribuzione al di fuori dei territori d'origine, però, questi film sono divenuti estremamente difficili da vedere. Locarno 2020 offre l'occasione per renderli nuovamente disponibili affinché una platea globale li possa (ri)scoprire. Nello spirito di Open Doors, questa ritrovata visibilità vuole pure offrire un concreto supporto a cineasti indipendenti in attività, sempre alla ricerca di sostegno e risorse per realizzare i propri nuovi film. In tal senso, è emblematico il caso di due registe i cui nuovi progetti sono stati selezionati all'Open Doors Hub (il mercato dei progetti di Open Doors), l'indonesiana Mouly Surya e la filippina Isabel Sandoval, registe di cui proponiamo le opere seconde, What They Don't Talk About When They Talk About Love e Apparition, film insoliti e ambiziosi, ma poco visti, realizzati prima che le autrici portassero i propri lavori successivi, rispettivamente, a Cannes e Venezia. Il film di Mouly Surya è il toccante ritratto di un gruppo di adolescenti disabili che scoprono i tormenti e i palpiti dell'età adulta e dell'amore. Isabel Sandoval imbastisce invece un dramma psicologico tra le mura di un convento, sullo sfondo della dittatura di Marcos negli anni Settanta.

Un po' a sorpresa, tra i magnifici dieci spiccano pure due commedie esilaranti: dalla Malesia, il travolgente musical satirico Sell Out! di Yeo Joon Han, messa alla berlina del capitalismo condita di brani karaoke irresistibili e, dalle Filippine, Six Degrees of Separation from Lilia Cuntapay di Antoinette Jadaone, mockumentary che omaggia i caratteristi del cinema di genere popolare.

Ma non mancano potenti prove d'autore che si confrontano con le contraddizioni delle società locali, traslando il personale nel politico. Atambua 39° C di Riri Riza riflette sui traumi post-bellici di Timor attraverso un dramma quasi documentario. Clash di Pepe Diokno, Leone del Futuro a Venezia 2009, denunziava già più di dieci anni fa la piaga degli squadroni della morte orchestrati da Duterte, oggi Presidente delle Filippine. Memories of My Body del maestro indonesiano Garin Nugroho scrive in immagini la biografia dell'artista Rianto, proponendo una riflessione sull'identità di genere nel più popoloso paese musulmano del mondo. Songlap di Effendee Mazlan e Fariza Azlina Isahak, infine, compone con tocchi neorealisti un affresco di gioventù alla deriva, tra traffici di droga e umani, sullo sfondo di un'impietosa Kuala Lumpur.

La selezione è coronata da due omaggi retrospettivi: da un lato, l'elegante classico birmano di recente restauro Tender Are the Feet di Maung Wunna; dall'altro, The Masseur, il primissimo lungometraggio del Maestro filippino Brillante Mendoza che, esattamente quindici anni fa, vinse il Pardo d'Oro del Concorso Video, lanciando, proprio da Locarno, l'impetuosa ondata del nuovo cinema digitale delle Filippine e del sud est asiatico.

Paolo Bertolin

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