News  ·  09 | 08 | 2022

Intervista a Sophie Marceau

Une femme de notre temps | Piazza Grande

È stata la star di film passati alla storia, da Il tempo delle mele Braveheart passando per i Bond movie. Protagonista di Piazza Grande con Une femme de notre temps di Jean Paul CiveyracSophie Marceau racconta il nuovo, intenso ruolo di una brillante carriera: un personaggio femminile alla ricerca di un equilibrio tra l'integrità morale e la rivendicazione del proprio valore.

Cosa rappresenta per lei questa donna, quali elementi ha trovato affascinanti? 

È un personaggio sorprendente in un film che rimane misterioso. Non conosco tutte le risposte quando leggo una sceneggiatura. La sola cosa che conta è capire se mi coinvolge, se ci credo, più che sapere le ragioni di ogni cosa. L’animo umano è complesso, che poi è il cuore del film. Il racconto di una poliziotta che scrive libri, integra, inquadrata, con una famiglia, ancora innamorata. Una donna con un senso chiaro della moralità, fino a quando vive un dramma personale e la sua vita va in una direzione molto differente. Si lascia trascinare come una freccia, lei che ha come hobby tirare all’arco. Quando ho letto questa storia non recitavo da tempo, non ne sentivo più il desiderio. Era scritta come la traiettoria di una freccia, dritta verso il bersaglio. C’era qualcosa di molto puro, interiore e denso, con una bella sovrapposizione fra forma e contenuto. 

Una storia attuale, che mette in scena una violenza sotterranea che può esplodere da un momento all’altro. 

Le donne si stanno svegliando dal torpore patriarcale millenario. È una donna che ha pieno controllo della sua vita, non transige ed è molto diretta. Oggi è più facile per una donna esprimere il suo risentimento, quello che è veramente. Non si tratta di una vendetta, ma dell’affermazione della personalità in base alle proprie convinzioni. Una storia che rivela la bellezza e la purezza del personaggio, oltre alla sua sofferenza, riassumendo al meglio la storia delle donne in generale. Per dire senza violenza, ma con grande chiarezza, come non sia più possibile andare avanti così. Si assume pienamente le sue responsabilità. Ha un codice d’onore che è pronta ad applicare anche a sé stessa, è un samurai. Trovo che ridare alle donne delle armi per esprimere il proprio io più profondo sia di grande attualità. È per questo che questo personaggio mi ha molto toccato. 

In una società che parla e spiega tutto, il film solleva più che altro interrogativi. 

Non bisogna sempre spiegare tutto. Oggi si vuole sapere e comprendere tutto anche prima che accada. Come con i trailer, io non li sopporto. Se li vedo poi non ho più bisogno di andare al cinema, so tutto il film. Amo essere sorpresa, dare fiducia a uno spettacolo, a una mostra. Mi piace scoprire, compiere il mio cammino personale, non venire condotta per mano. Il film non ti viene spiegato, vive al momento presente. Non sappiamo cosa ci riserva il futuro, pensiamo di sapere tanto, ma sono delle proiezioni di quello che già sappiamo. Nel film succede qualcosa di totalmente inatteso, che impone la sua presenza nel percorso di questa storia. Non si può mettere nel trailer, non si può dire tutto. È film di atmosfera, di percezioni, anche scioccante, ci sono scene molto violente, ma senza molte parole. Se ne usano sempre troppe. 

 

Il suo personaggio instaura un rapporto molto forte con i luoghi che la circondano. 

I luoghi raccontano la vita delle persone: l’abitazione, la città in cui hanno scelto di vivere, la famiglia. È chiaro che questa donna ama la natura, la calma. Come poliziotta vive ogni giorno delle cose terribili, con distacco e allo stesso tempo umanità. È una vita dura, ha bisogno dell’equilibrio dato da suo marito, la casa, andare a correre nei boschi, concentrarsi tirando con l’arco. È una donna che cerca equilibrio, il senso delle cose, riflette, scrive. Ma l’equilibrio è sempre fragile. 

Sono importanti gli incontri con gli autori per indirizzare le sue scelte di attrice? 

Devono darmi cose differenti. Odio ripetermi, non sono capace di fare due volte la stessa cosa. Detesto con tutta me stessa l’idea di rifugiarmi in ruoli sempre uguali in cui sentirmi a mio agio. La migliore probabilità che mi impegni a fare qualcosa è quando leggo una storia di cui non so niente di un autore che non conosco. Già l’idea di qualcuno o qualcosa che conosco mi annoia. Non conoscevo il lavoro di Jean Paul Civeyrac, quando ho letto la sceneggiatura. È un grande innamorato del cinema, che conosce bene e rispetta nella sua messa in scena. Mi ha trasportato nel suo mondo. È stata una scoperta.    

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