News  ·  06 | 08 | 2018

Sui passi del primo amore

Yara - Concorso internazionale

Chi ha seguito negli anni il lavoro di Abbas Fahdel fino al monumentale Homeland (Iraq Year Zero), con Yara resterà piacevolmente sorpreso. Perché se da un lato Fahdel conferma una rara sensibilità e insieme ironia nel raccontare le contraddizioni del Medio Oriente, dall’altro mostra qui doti narrative e filmiche inaspettate e certamente foriere di notevoli sviluppi futuri. Chiunque riconoscerà la freschezza rohmeriana del personaggio dolce, drammatico, ambiguo, sensuale, politico di Yara. Interpretata con esplosiva partecipazione dall’esordiente Michelle Wehbe, Yara vive libera e solitaria in compagnia della spiritosissima nonna in una rigogliosa valle del Libano abbandonata da tutti. Fahdel, con occhio rigoroso e talvolta sornione (come i gatti che popolano il film), finge abilmente di limitarsi a mostrarla nel lento succedersi dei giorni. La caméra indugia, scivola seducente e in realtà prepara l’assedio che progressivamente mette Yara di fronte alla necessità di prendere decisioni vitali. Qualcuno arriva, giovani uomini che portano l’eco della guerra, il desiderio della giovinezza, il sogno di viaggiare altrove. La grande valle letteralmente ribolle. A Yara viene chiesto conto del suo ruolo di donna unica e libera, e in quanto donna è lei a mostrare la via, capace prima di accogliere, poi di innamorarsi e infine anche di rinunciare a tutto in difesa della propria dignità e libertà. Fahdel, con la sapienza del grande cineasta, non cambia atteggiamento, ma accompagna e diventa complice dell’insegnamento che ancora una volta giunge, doloroso e maturo, attraverso e grazie al femminile.