News  ·  01 | 08 | 2018

"Al centro, la dinamica del gruppo"

Intervista a Vianney Lebasque, regista di "Les Beaux Esprits" - Piazza Grande

Il cinema sportivo è un genere popolare negli USA, meno in Europa. Eppure lei ha raccontato due storie di sport.
Il mio primo film, Les Petit Princes, era molto personale, su un ragazzo che ha un sogno, quello di diventare un calciatore. Credo di essere predisposto per questo tipo di storie. Ma in realtà l’aspetto sportivo era la cosa che mi interessava meno in Les Beaux Esprits, mi piaceva la dinamica che si viene a creare nel gruppo e la riflessione sulla disabilità che ne scaturisce. Oltretutto girare le sequenze sportive è molto faticoso, servono tante inquadrature, cambi di campo e un gran lavoro in montaggio. Ho girato tutte quelle scene in una settimana ed è stata quella più difficile.

Questa è la sua prima volta al Festival del film Locarno ed esordisce in Piazza Grande. Come si sente?
È una sensazione incredibile, questa è la prima proiezione mondiale del film e mi sento fortunato e orgoglioso, soprattutto perché è una commedia e presentarlo a un pubblico esigente come quello di Locarno è una grossa soddisfazione. Mi piace fare un cinema popolare che possa anche sconfinare nel cinema d’autore. Almeno ci provo.

La commistione dei generi è una delle cose più interessanti del suo cinema.
Les Beaux Esprits ha un tono più leggero rispetto al mio primo film, dove c’erano comunque degli elementi di commedia. Ho bisogno di questo bilanciamento per mantenere vivo l’interesse prima di tutto a me stesso di cosa sto raccontando.

Cosa le interessava di più di questa storia, che è tratta da un fatto realmente accaduto.
Le dinamiche interne della squadra, composta in parte da disabili e in parte da persone “sane”. La storia sportiva della nazionale spagnola di basket per disabili mentali alle olimpiadi di Sydney è triste e drammatica, ma è stata più un pretesto per poter esplorare queste interazioni e per dare un punto di vista diverso sulla disabilità.

Lei voleva diventare un atleta professionista?
In realtà è un desiderio che ho abbandonato abbastanza presto, a sedici anni già non ci pensavo più, ma è stato un sogno che ho avuto per un certo periodo della mia vita e che ho cercato di raccontare in Les Petit Princes. Non ero convinto davvero di poter diventare un calciatore professionista, e la cosa è sfumata naturalmente. Ma amo ancora molto il calcio. Il basket non molto.