News · 07 | 08 | 2019
News · 07 | 08 | 2019
Carlo è un personaggio molto complesso a livello psicologico. È stata questa la principale sfida che ti ha spinto a rispondere “sì” al film di Ginevra?
Le spinte principali sono state il copione e gli intenti della regista, la sua visione cinematografica. La sfida è stata riuscire a recitare in un contesto in cui ero circondato da ragazzi al primo set. Ad aiutarmi è stata proprio la scrittura del personaggio: ho cercato di ricreare con loro un rapporto quasi paterno, di mescolare complicità e autorevolezza fino a che le dinamiche sul set e quelle della storia hanno finito col coincidere.
L’eclettismo che la tua carriera racconta è semplice curiosità o un lavoro minuzioso calibrato sulle esigenze dei film?
Più che una predisposizione personale è una capacità che ho affinato con l’esperienza. Mi ha molto aiutato l'essere produttore: mi ha dato la possibilità di guardare al film nella sua complessità, considerando il lavoro che c’è da fare prima, quello che si fa sul set ma anche quello che si fa dopo. Una condizione che mi consente di mantenere un distacco e che mi regala una grande libertà dal punto di vista interpretativo.
In pochi ciak passi da grandi maestri come Moretti o Sorrentino a opere prime come quella di Ginevra. Responsabilità e approccio cambiano?
Certo, ma non ne farei una distinzione tra registi consacrati e autori alle prime armi. Ogni regista è diverso, ogni relazione tra un attore e un regista è una prima volta; anche Moretti e Sorrentino sono molto diversi nel loro modo di dirigere gli attori. Non abbraccio mai un progetto sulla base dell'importanza dell’autore, bensì per affinità e copione.
Ancora una volta dividi la scena con Alba. Che alchimia esiste tra i migliori «giovani vecchi» del cinema italiano, per citare Sergio Rubini?
Intanto un'amicizia di lunga data: siamo stati compagni di scuola al Centro Sperimentale, la prima volta l’ho vista al suo saggio di recitazione e mi ha colpito subito per la sua libertà: mi folgorò. Siamo attori simili e profondamente diversi, nutro nei suoi confronti una stima profondissima. È un’attrice-autrice.
L’esperienza film è sempre più rivolta a una visione privata. A Locarno ti rivedrai su un grande schermo all’aperto, di fronte a 8’000 persone.
Sono felicissimo che Magari sia presentato a Locarno. È un festival che amo, ci sono già stato una volta e partecipare alle proiezioni in Piazza regala un’emozione enorme. Vedere un film con 8'000 persone è la celebrazione del cinema.