Inizia con una cifra realista, il nuovo film di Klaudia Reynicke (già a Locarno con Il nido nel 2016), ma la storia di Seconda, trentenne agorafobica costretta in casa con una coppia di anziani genitori, è solo il prologo per un viaggio sorprendente nell’immaginario femminile. Chiusa tra le pareti domestiche a seguito di un trauma familiare, Seconda è un corpo indemoniato, che si muove seguendo altre frequenze rispetto a quelle a cui siamo abituati: uscirà di casa armata di una tuta blu, trasformandosi in uno strano alieno, in giro per una città troppo borghese per avvicinarla.
Usare l’astrazione nel cinema di finzione non è semplice, eppure Klaudia Reynicke riesce pienamente in quest’impresa con un film – sorretto dal sapiente uso della camera di Diego Romero Suarez Llanos (direttore della fotografia di Roberto Minervini) – che è al contempo un manifesto femminista e un nuovo punto di partenza. Grazie alla straordinaria interpretazione corporea della sua attrice (la sorprendente Barbara Giordano), la regista mette in scena il rifiuto di ogni forma di patriarcato, giocando con gli stereotipi maschili (il pavido padre, il finto principe azzurro, l’ottuso orco) e smascherandone le fragilità. Un viaggio nel passato, nei meandri della psiche, per mettere a posto i tasselli di una frattura che viene da lontano. Sorprendente e coraggioso, come la liberazione della sua protagonista.