Il film più disgustoso del mondo. Non perché non sia geniale ed entusiasmante, Pink Flamingos (1972), ma perché il gusto, l’estetica, l’asticella del sopportabile sono sempre messi alla prova da un John Waters al suo meglio, ossessionato dalle ossessioni dei suoi personaggi, esibizionisti, feticisti, ovofili, sempre e comunque compulsivi e per di più invidiosi e competitivi. Due famiglie si scontrano in una gara demenziale in cui a vincere deve essere il peggiore, anzi in cui trionferà chi dimostrerà di esserlo, che venda neonati o mangi escrementi poco importa. Coprofilia, pornografia, cannibalismo – il divoramento degli invitati a un matrimonio sembra una scena da Monty Python sotto acido –, nulla è risparmiato a chi è travolto dalle ondate di immagini di uno tsunami trash irresistibile su cui Waters surfa senza cadere mai, fino al rocambolesco finale.
Se non avete mai visto questo film e deciderete di farlo, i fenicotteri rosa che invadono piscine e spiagge negli ultimi anni non li guarderete più con quella sorridente accondiscendenza. E diventeranno il simbolo di una guerra santa di pezzenti folli, un viaggio in un meltin’pot di generi, dalla Blaxploitation grazie a una Divine meravigliosa trash queen al cinema di Russ Meyer, che si contaminano e entrano in conflitto, bombardando gli spettatori senza lasciar loro tregua. Il tutto con Link Wray, Trashmen, Bill Haley, Little Richard in una colonna sonora da urlo, soprattutto quando ci tocca battere il ritmo al tempo di uno sfintere decisamente intonato.
Pink Flamingos è l’urlo dissacrante e distopico di un meraviglioso artista senza paure, censure, limiti.