Fin dal titolo, Gerda si incarna nel corpo, nella voce e nei gesti dell’attrice esordiente Anastasiya Krasovskaya. Gerda è infatti il nome scelto dalla protagonista, la giovane Lera, per la sua vita notturna da ballerina di night club. Un nome da fiaba, come le fanno notare – Gerda è l’eroica protagonista de La regina delle nevi di Andersen –, che esprime la sospensione di Lera tra due mondi: da una parte c’è la povertà delle incolori periferie russe, che lei abita e percorre per condurvi dei sondaggi a crocette di sociologia, desolantemente inadatti a catturare la natura delle esistenze in cui si imbatte; dall’altra, un bosco fiabesco dominato da avvolgenti viola e verdi, dove nelle sue fantasie trova rifugio.
Diretta da Natalya Kudryashova, regista che è anche attrice (premiata a Venezia nel 2018 per la sua interpretazione in Tchelovek kotorij udivil vseh – The Man Who Surprised Everyone), Anastasiya Krasovskaya cattura nella sua interpretazione tutte le dimensioni del carattere contraddittorio di Lera/Gerda: impenetrabile e fragile insieme, riesce a ballare la pool dance e trasmettere al contempo la volontà di sottrarsi agli sguardi, e passa sottilmente dall’indifferenza (come quando enumera monocorde le domande vuote dei formulari) al suo incrinarsi. Vediamo così iscritto nel suo volto, nei suoi movimenti, come l’iniziale rassegnazione di Lera all’incomunicabilità che pervade il suo mondo si schiuda gradualmente, lasciando emergere il desiderio lancinante di una vita migliore, di una comunione con gli altri.
Sara Groisman