A cosa servono i premi? A parecchie cose, a nostro avviso. Prima di tutto per portare a conoscenza del pubblico film che altrimenti rischierebbero di non essere apprezzati come meriterebbero, restando nella cerchia di coloro che “sanno le cose”, di una cinefilia ristretta. Come non essere felici per Ryûsuke Hamaguchi, autore scoperto dal Locarno Film Festival con il fluviale Happy Hour negli anni di Carlo Chatrian, il cui Drive My Car, incoronato con l’Oscar per miglior film internazionale, smentisce ancora una volta quanti periodicamente sono disposti a scommettere sulla morte del cinema?
I premi servono anche a dare una spinta in più all’economia del cinema, a tutta la filiera e in particolare alle sale che continuano a fare fatica in questo periodo di trasformazioni dell’ecosistema audiovisivo. E servono anche a trarre dei bilanci, ovviamente provvisori, sullo stato delle cose. Nel corso della cerimonia del Premio del cinema svizzero, abbiamo potuto toccare con mano l’entusiasmante energia che attraversa il cinema nazionale. Una nuova non-generazione (meglio un gruppo…), senza pregiudizi, si confronta da pari con il cinema per raccontare un paese e il mondo. Una ricchezza davvero inusitata della quale il Locarno Film Festival ha partecipato da protagonista. Ben otto le nomination conquistate dal magnifico Soul of a Beast di Lorenz Merz (Concorso internazionale a Locarno74), e ben quattro i premi portati a casa. Dopo Wet Sand di Elene Naveriani (Concorso Cineasti del presente a Locarno74) che ha vinto a Soletta, il film di Merz convince con la sua energia generosa e appassionata l’Accademia del cinema svizzero, ottenendone anche il premio speciale per la scenografia. E poi l’emozione di ricordare l’Ucraina, come ha fatto la protagonista di Olga, il film vincitore di quest’edizione, diretto da Elie Grappe, un amico del Locarno Film Festival. Un momento importante.
I giovani cineasti crescono con i festival, e i festival a loro volta, e non potrebbe essere diversamente, crescono grazie ai film. Un’energia virtuosa, che va nutrita e sostenuta. Un’energia il cui valore ci appare ancora di più in tutta la sua importanza, in tempi tristissimi come questi quando la voce delle armi sovrasta quella dell’arte, della libertà, della dignità di tutti gli esseri umani.
Giona A. Nazzaro