Come declinare al cinema in maniera personale la vicenda piuttosto comune di una minorenne che deve affrontare una gravidanza indesiderata? Vediamo qual è l'approccio adottato in questo esordio nel lungo da Julie Lerat-Gersant, attiva nella scena teatrale francese da molti anni e co-fondatrice della compagnia La Piccola Familia. Dunque, senza deluderci, nel film Lerat-Gersant ha un occhio molto sensibile per le sfumature della recitazione dei suoi attori. Petites è tutto costruito sulle performance delle attrici, in particolare Pili Groyne, vista in precedenza in Due giorni, una notte (2014) dei fratelli Dardenne e Dio esiste e vive a Bruxelles (2015) di Jaco Van Dormael, qui nel ruolo della protagonista sedicenne Camille. Tra scoppi d'ira e momenti di disperazione, la prova di Groyne è un'altalena emotiva che la regia di Lerat-Gersant asseconda, analogamente a quanto accade per gli altri membri del cast. I dialoghi scorrono alla velocità della luce, cercano di riprodurre la frenesia del parlato, di ricercare un naturalismo della conversazione che dovrebbe favorire l'immedesimazione, almeno degli spettatori adolescenti o post-adolescenti. Ciò che invece distingue Petites dagli innumerevoli altri film che s'interrogano sul tema dell'aborto è la sua ambientazione in un istituto per ragazze incinte o ragazze madri. Perciò il film si sofferma non solo sui rapporti conflittuali o d'amicizia tra le giovani donne ospiti della struttura, ma prende in considerazione anche il vissuto e le emozioni dei professionisti che ci lavorano, gli educatori, gli psicologi, la direttrice. La casa di maternità dove Camille viene mandata a vivere per sei mesi dal giudice è un vero e proprio microcosmo, ma per lei, che non ha ancora tagliato il cordone ombelicale dalla madre tanto affettuosa quanto instabile, inizialmente è solo una gabbia da cui fuggire. Prima di sviluppare una sorta di attaccamento al bambino che sta portando in grembo e di comprendere che un'interruzione di gravidanza, sacrosanto diritto, non equivale a grattarsi via lo smalto dalle unghie, Camille investe del ruolo dell'altro significativo una compagna di sventura, la ribelle Alison, che ha già una figlioletta a cui badare, tra l'altro asmatica, Diana. Non meno interessante è la relazione tra Camille e il ragazzo che l'ha messa incinta, Mehdi, con il quale pensava di andare in Olanda ad abortire: in un film che ha al centro i sentimenti, sottolineiamo la complessità di questa storia d'amore fragile e discontinua, in cui la figura maschile non è semplicemente un babau brutto sporco e cattivo da colpevolizzare.
Francesco Grieco
Curiosità
Romane Bohringer, co-protagonista, si era fatta notare nel 1992 in Les nuits fauves, di Cyril Collard, vincendo il Premio César per la migliore promessa femminile