News  ·  08 | 08 | 2022

Last Dance

Delphine Lehericey | Piazza Grande

©Box Productions, Need Productions

Basta un attimo e la vita di Germain cambia per sempre. Si ritrova vedovo a 75 anni, dopo aver condiviso una vita intera. Lo scorrere del tempo presenta un conto implacabile, emerge beffardo dalle pagine dell’amato Marcel Proust condivise con la moglie Lise prima di addormentarsi. Un attimo, e l’intimità viene imbarbarita dall’invasione non richiesta dei figli, da telefonate, turni di assistenza, visite a sorpresa se non a tradimento e pasti pronti ipercalorici. Insomma, una costante apprensione che mette in scena un capovolgimento dei ruoli. Il tutto per riempire un silenzio che il contemplativo anziano vorrebbe volentieri riservarsi per sé. Non è un tipo da rassegnarsi sconfitto alle bizze del tempo. Da buon proustiano vuole cavalcare la memoria di una vita condivisa e sovrapporla a un presente in cui onorare la promessa che la coppia si era scambiata: chi resta deve finire quello che l’altro ha cominciato. Anche se è una nuova passione poco confacente al tranquillo e caustico Germain: la danza. Nello specifico, la partecipazione a uno spettacolo contemporaneo assai eccentrico: sul palco ballerini professionisti e dilettanti, diretti dalla coreografa La Ribot. Non è esattamente danza, pensa in un primo momento, ma la promessa va mantenuta e diventa il segreto di Germain, l’ultimo che lo lega all’amata Lise, da non rivelare alla famiglia sempre più soffocante. Agli zuccheri delle torte consegnate con amorevole e opprimente costanza dalla vicina, preferisce il sudore salvifico che elimina le tossine del dolore. Tutti i giorni, insieme a persone molto diverse l’una dall’altra, in una nuova adolescenza da ribelle in fuga, con l’unica complicità dei nipoti, in un’alleanza che salta una generazione.  

Delphine Lehericey racconta una storia d’amore fra tenerezza, gusto per il paradosso e ironia, in cui la dittatura del tempo perduto viene riconosciuta come avversario impossibile da sconfiggere, ma che si può ingentilire evocando una vita di ricordi condivisi. Una storia d’amore che si concede la grazia di un’ultima coreografia, di un romanticismo dal sapore nostalgico di una lettera scritta a mano su una carta ingentilita, più che ingiallita, dal tempo. 

Mauro Donzelli