News  ·  08 | 08 | 2022

Tengo sueños eléctricos

Valentina Maurel | Concorso internazionale

©Wrong Men North

Prima era la sorella minore che se la faceva addosso quando il padre aveva i suoi scatti d’ira. Dopo la separazione dei genitori, è il gatto, disorientato da tutti i cambiamenti, che fa pipì ovunque, facendo arrabbiare la madre che sta cercando di ricominciare da capo ristrutturando la casa e liberandosi dei residui della vita passata con il violento Martín – incluso il felino, ora di troppo. Quando la figlia maggiore Eva suggerisce che il padre dovrebbe riprenderselo, lui risponde che sarebbe meglio un rifugio per animali.  

Inoltre, con davanti la sua nuova vita da uomo single senza responsabilità, Martín non ha la stessa premura di Eva nel trovare un appartamento dove possano vivere entrambi. Anche lei ha sofferto per via della sua violenza, ma avendo perso i punti di riferimenti famigliari, ora si sente disorientata come il gatto. E per ribellarsi si attacca al padre e alla sua permissività, poiché lei desidera diventare un’adulta, che fuma, beve, esplora il sesso… e vuole che lui sia di nuovo giovane.  

La conturbante complicità fra padre e figlia è al centro del primo lungometraggio della regista costaricana Valentina Maurel, i cui corti Paul est là (2017) e Lucia in Limbo (2019) avevano rivelato il suo talento e una sensibilità che rifiuta un approccio convenzionale alle complessità e ai paradossi della vita, soprattutto nel periodo della crescita e in particolare per le donne.  

Sì, l’esplosiva Eva è l’ennesima vittima di violenza – del padre e della società – ma lei non si considera tale. In questo momento si sente piuttosto come una vittima del divorzio, anche se quello è stato un effetto della violenza. Lei rimane aggrappata a degli ideali, invece di affrontare la spiacevolezza e la complessità delle cose.  

La performance di Daniela Marín Navarro è sublime, con lei che incarna in modo impressionante tutte le contraddizioni, i dubbi, le paure, i desideri, il dolore e la rabbia di Eva. Lungo il cammino lei deve scoprire sé stessa, domare la propria violenza e creare la propria identità e i propri valori, come ogni teenager, e capire i propri desideri – e non solo ciò che stereotipi, convenzioni e normalizzazione le avevano fatto credere di dover volere e accettare – in modo da poter formulare i propri giudizi.  

L’approccio di Maurel, privo di giudizio, rende ancora più forte la rappresentazione della violenza, poiché lei rifiuta di predicare con fare illuminato, abbracciando invece l’ambiguità della vita vera e dei rapporti, soprattutto negli anni dell’adolescenza. La fotografia e il montaggio nervoso non sono mai un cliché stilistico, bensì una pertinente immagine riflessa dell’instabilità permanente e della tensione della bomba a orologeria che è la vita di Eva.  

Pamela Biénzobas 

 

Curiosità
Primo film di Valentina Maurel, che nel 2017 ha vinto la Cinefondation del Cannes Film Festival con il suo corto di diploma Paul est là.  

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