News  ·  18 | 12 | 2023

Addio a Otar Iosseliani, poeta solitario e sovversivo

Otar Iosseliani, Pardo alla carriera 2013

Anche rispetto alla storia del cinema successivo alle nouvelle vague storiche, il lavoro di Otar Iosseliani ha ricoperto un ruolo fondamentale eppure dimesso, come di una cosa a parte. La sua storia di regista georgiano, lontano dalle ortodossie del cinema sovietico, anche di quello cosiddetto rivoluzionario, ne facevano una sorta di osservatore critico delle “magnifiche sorti e progressive” del mondo e del cinema. Sovente, contro di lui, si utilizzava un armamentario vetusto per tentare di descrivere il suo lavoro. Fuori dal tempo, si diceva, involuto, conservatore, quando le critiche muovevano da “sinistra”. La realtà è che Otar Iosseliani era un poeta e, probabilmente, il cineasta più misterioso del ventesimo secolo. Il suo tocco, come sospeso fra le cose, era la sua forma di guardare, di mettere in relazione il mondo e quanto vi transitava. Costretto all’esilio dalle angherie della censura sovietica, aveva trovato rifugio in Italia e in Francia. Il suo cinema sembrava strappato alla storia – e alle sue infinite urgenze – e sospeso in un mondo poetico astratto. Iosseliani, invece, ancorava il suo gesto a una sensibilità terrena, lontana, per esempio, dal misticismo cristiano del suo amico Tarkovskij. L’umorismo così particolare di Iosseliani derivava da una consapevolezza ironica dell’inutile affaticarsi umano, del vano rincorrere i beni terreni perdendo la propria anima. Iosseliani, in quanto poeta, non giudicava ma osservava, e da questo suo approccio fiorivano lievi le sue visioni, i suoi racconti, le sue ronde dedicate all’umano errare (per le quali sovente invitava i suoi amici della critica a giocare con lui, basti pensare a Bernard Eisenschitz, curatore della nostra Retrospettiva dedicata a Douglas Sirk, protagonista del magnifico I favoriti della luna). La passione per la vodka diventava nelle sue mani una pratica sapienziale, un modo di leggere le cose. 

Il Locarno Film Festival amava Iosseliani e nel 2013 gli conferì un Pardo alla carriera. Con Otar Iosseliani il dialogo era continuo. Nel 2015, il suo ultimo film, Chant d’hiver, è stato presentato nel Concorso internazionale. Nelle sue parole – e nelle sue immagini – ritrovavamo sempre motivazioni per andare avanti. 

Carlo S. Hintermann, che lo ha amato infinitamente e ha condiviso con lui un lunghissimo cammino (di cui il libro Iosseliani secondo Iosseliani – Addio terraferma è una tappa fondamentale), ci confida un pensiero prima di partire per Tbilisi: «La cosa più straordinaria di Otar era quella di essere un consapevole sovvertitore. Un cospiratore del piacere, per parafrasare il titolo del film di Jan Švankmajer. Questo suo sovvertire i mondi era sempre un gesto artistico. Ogni suo gesto era un’azione artistica e inevitabilmente cambiava il tessuto del mondo e, quindi, del cinema. Il suo era uno “stato di ebbrezza” che rimetteva in ordine il mondo». 

Giona A. Nazzaro