Il cinema è un’invenzione del futuro: una frase che potrebbe riassumere la tensione positiva che da sempre ha mosso il cinema di Laurent Cantet, l’autore francese che più di tutti con i suoi film ha compiuto un percorso in una militanza politica e un tragitto esistenziale che di volta in volta hanno saputo incarnarsi in un nuovo modo di fare cinema. In trasformazione con il tempo che attraversavano, i suoi film erano sempre attenti a scardinare lo storytelling “vincente” mettendo la presa di coscienza dello spettatore al centro del suo pensare al cinema.
La Palma d’Oro è arrivata abbattendo i “muri” linguistici e sociali della scuola francese con Entre les murs (2008), ma il suo percorso era iniziato molto prima quando si segnalò con il suo secondo cortometraggio Jeux de plage (1995) a Locarno, nella sezione Pardi di domani, segnalandosi come il cantore del difficile tra padri e figli, l’incomunicabilità tra generazioni con esperienze sociali distanti – tema centrale in Risorse umane (1999), opera prima di raro vigore, che metteva in scena la separazione tra un padre operaio e un figlio diventato manager, connivente di un nuovo modo di concepire il lavoro e il tempo dell’uomo. E proprio l’intuizione di un tempo ormai segnato dal capitale, incapace di diventare spazio libero ma solo prigione, è alla base della sua rilettura del celebre caso di Jean-Claude Romand in A tempo pieno (2001): film che è un vero controcanto rispetto a L’avversario di Carrère. Da quel momento la sua carriera si dispiega in opere più liquide, in cui le prese di consapevolezza dei protagonisti appaiono come sognate o infrante, che siano le sulfuree protofemministe di Foxfire (2012) o gli stanchi rivoluzionari di Ritorno a L'Avana (2014).
Scomparso prematuramente a soli 63 anni, Cantet resterà nella storia del cinema grazie alla sua capacità di mettere in crisi un’idea di storytelling artefatto, come succede in uno dei suoi ultimi e bellissimi film L’atelier (2017), film testamento sul senso dell’impegno politico nell’arte in anni confusi come quelli che stiamo vivendo.
Daniela Persico, Membro del comitato di selezione del Locarno Film Festival
Laurent Cantet ha dato vita a un cinema umanista e impegnato che ha saputo affermarsi in un momento storico in cui lo spettacolo voleva l’intrattenimento a tutti i costi. Cantet era generoso e sempre pronto a incoraggiare i giovani talenti. Sapeva ascoltare e pesava le parole. Se ne va troppo presto Laurent Cantet, ma ha fatto in tempo a lasciarci un’opera preziosa che saprà ispirare altri talenti a prendere in mano una macchina da presa e iniziare a filmare daccapo il mondo.