Il primo sabato del festival è senza dubbio una festa – il terzo programma comprende film col tema comune dell’incapacità. Che siano la tecnologia futuristica che monetizza le nostre menti, i giochi politici in gara dentro guerre che conoscono solo sconfitti, oppure l’oppressione della classe lavoratrice – questo programma concede poco tempo per riposare e molto per riflettere. Ma esiste un’eccezione poiché un film mette in evidenza l’unico momento di completa impotenza di cui abbiamo disperatamente bisogno: quando l’amore colpisce.
Cyril Schäublin torna a Locarno con Il faut fabriquer ses cadeaux dopo aver esordito nel 2017 con Dene wos guet geit, guadagnando una menzione speciale dalla giuria. Ambientato in una Svizzera innevata del prossimo futuro, le nuove tecnologie stanno facendo il giro. Un congegno che può leggere le menti e un nuovo ologramma pubblico che puoi baciare in cambio di denaro. Tre colleghi, che si tengono impegnati con un lavoro incomprensibile, discutono le tecnologie, ammirando e insieme riconoscendo le loro abilità, capendo il loro comportamento ingannevole senza però opporvisi. La dipendenza e l’impotenza quando si tratta di nuove tecnologie che manipolano e abusano i desideri umani, come si vede già chiaramente nel mondo di oggi, si sovrappongono alle discussioni aride e superficiali che vengono filante con una macchina d presa calma e osservante. Il messaggio è chiaro: ti devi guadagnare la tua felicità.
Co-diretto da Pascale Egli e Aurelio Ghirardelli, Ding è un documentario con un soggetto piuttosto raro: l’amore per gli oggetti. I due protagonisti Valentina e Sonnili hanno speso gran parte delle loro vite innamorati di varie cose.
Intervistati, si aprono alla macchina da presa ma non nel tentativo di giustificare, a causa dei preconcetti, incomprensioni e disapprovazione sociali, la loro “condizione”, ma raccontando semplicemente allo spettatore come sono arrivati ad amare gli oggetti, cosa significa per loro, e cosa l’amore significa per loro.
L’unica conclusione da trarre è che il loro amore è come chiunque altro tra due esseri umani. Proprio non possono smettere.
Il film affronta il tema con il massimo rispetto e cura, premurandosi di offrire uno sguardo senza pregiudizi senza perdere il suo umorismo, che viene ampiamente fornito dai protagonisti, nel corso delle riprese
Night è un notevole e addolorato film d’animazione in stop-motion di Ahmad Saleh. Quando la note cala in un villaggio devastato dalla guerra, la notte stessa si prende cura dei sopravvissuti, portando loro il sonno e alcune ore di sollievo lasciando cadere sulle persone piccoli barlumi di speranza. Eppure gli sforzi sembrano vani, per una madre che sta cercando suo figlio.
La scenografia accattivante e affascinante, accompagnata dalla voce suadente della notte e dall’accompagnamento musicale, si ergono in forte contrasto con il dolore e gli orrori della guerra, che il film tocca in maniera tanto poetica, visualizzando soltanto di sfuggita.
Eppure, la realtà brutale della guerra e le immagini mediatiche sono sempre presenti e sembrano infilarsi nel film – e i corpi sdraiati dei bambini che dormono potrebbero ugualmente essere i loro cadaveri.
Suoni devastati di macchinari pesanti compongono il ritmo della distruzione sociale nel debutto registico di Francis Vogner dos Reis ne A Máquina Infernal.
Capitalismo, corruzione, e guadagno individuale sono bruciati nelle rovine di una fabbrica sull’orlo della bancarotta, i cui impiegati sono controllati. Il lavoro è pagato male, senza alcuna garanzia di continuazione. Ma non ci sono altre opportunità di lavoro.
Il film comincia con il tono di pura osservazione, documentando l’entrata a breve termine di un nuovo lavoratore, mentre raggiunge i colleghi nel piano della fabbrica. Lentamente, scivola in un nuovo paradigma, dove i lavoratori non sono soltanto le vittime, ma anche le fabbriche gli oppressori.
Ad ogni minuto il film innalza la tensione, mentre i demoni della società capitalista si mostrano, e si esplicita l’impotenza della classe lavoratrice.
Valeria Wagner
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